Francesco Fasulo

Eccoci qui con quel coraggio silenzioso di chi sa che l’occasione è di quelle che non capitano spesso, che a 50 anni puoi cominciare a pensare che a Benevento potresti non tornarci mai più. E allora osservi tutto come un cronista degli anni 50 nei film americani.

Aereo, soliti latrati sotto la carlinga, sfogliatella e due canadesi al bancone dell’autonoleggio che sembra scelgano la dimora della loro vecchiaia e invece dopo mezz’ora di trattativa escono con una Panda carta da zucchero.

Contrariamente a quanto preventivato noi siamo su una francese più spaziosa. Usciamo nel brutto scempio architettonico sub vesuviano, passiamo nelle terre scosse dal terremoto del 1980 e mi si accappona la pelle pensando a nonna Maria che piange guardando il Tg di quei giorni drammatici.

Il Sud, quello senza il mare. Il Sud che ti chiedi come fa. Da Gino e Pina ha prenotato il “forchettone” che ne sa girando lo stivale per lavoro. Vediamo lo stadio, la città è già in fermento. Mi stanno simpatici per adesso.

Intanto chi viene in pulmann è bloccato ad Orvieto per un incidente. La vedranno sul telefonino?

Aglianico su antipasto di terra e salsiccia nella provola, maledetta rucola. Evitiamo il babà al rhum dopo conciliabolo sul probabile ritardo.

Imbocchiamo una rotonda secondaria sparati contromano e due poliziotti ci guardano increduli. Serafici noi: “Buonasera, per il settore ospiti?”. Uno dei due sorridendo ci risponde: “Veramente avreste dovuto fare la rotonda”.

Entriamo al Vigorito col tuffone nel corazon che si riempie di nerazzurro. Il resto è storia.
Bona Ugo. Forza Pisa.

P.S. Maledetta rucola. Si rinfaccia, non mangiatela.

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