Guido Martinelli

Per la seconda puntata di questo breve percorso volto ad esaminare i rapporti tra Covid e mente ho contattato al telefono la dottoressa Sara Socci di Monsummano Terme, in quel di Pistoia, di cui mi avevano colpito alcuni post al riguardo rinvenuti casualmente in rete.

Buonasera dottoressa, ho visto che lei è una psicoterapeuta umanistico bioenergetica, laureata in psicologia clinica e della salute all’Università di Firenze. Intanto le sarei grato se ci spiegasse brevemente cosa s’intende con “bioenergetica”.
La psicoterapia bioenergetica fa parte delle psicoterapie dinamiche e la rigorosa scuola che la insegna è quadriennale e mi ha permesso di essere abilitata ad affrontare qualsiasi tipo di patologia. Essa è incentrata sulla persona, sulla determinazione, sulla motivazione, sull’autorealizzazione, in aggiunta alla bioenergetica. Cioè quel tipo di terapia che può partire dal corpo per arrivare alla mente. Mi preme sottolineare come la bioenergetica sia l’unica psicoterapia che, al contrario di altri approcci, lavora sul corpo.

In cosa consiste questa teoria?
La teoria sostiene che se sblocco con alcuni esercizi fisici alcuni blocchi a livello corporeo vado a liberare alcune determinate emozioni rapprese. Al contrario di altre terapie il principio base è che si può partire dal fuori per arrivare al dentro. E questa terapia abilita ad interventi rivolti sia a bambini sia ad adulti.

Che differenza c’è tra la terapia bioenergetica e quelle brevi attualmente in auge?

Le terapie brevi danno un tempo standard per arrivare alla guarigione che non ritengo possibile perché dipende dalle problematiche. Ci sono terapie che durano 3-4 mesi ed altre che invece necessitano di più tempo per la causa del disturbo. Io ho avuto solo un caso di una terapia che dura da anni che è dipeso dal fatto che la persona stava attuando un percorso di vita contrassegnato da un cambio di genere durante la terapia per cui è evidente che occorreva più tempo.

Che tipo di patologie ricorrenti incontra?
Ansia e depressione, ma in questa c’è sempre la componente ansiosa, attacchi di panico e patologie ossessivo-compulsive. Non psicosi perché coloro che sono affetti da forti psicosi sono quasi sempre seguiti a livello psichiatrico.

Veniamo ora al centro della questione di cui vorrei sentire il suo parere. Il Covid cosa ha portato nelle menti sia di persone sane sia di quelle problematiche?
Ho registrato una riacutizzazione di chi già in partenza soffriva di particolari disturbi psicologici, come l’ansia. Pazienti che avevano risolto le loro problematiche sono tornati perché spaventati da questa situazione. C’è stato poi anche un incremento di nuovi casi. Praticamente l’ansia è venuta anche a chi non ne aveva mai sofferto. Si parla anche di depressione e di stress post traumatico. Questo disturbo si è verificato sia nel personale medico che ha lavorato nelle corsie di terapia intensiva sia nelle persone che hanno perso un loro caro a causa di questa malattia.

Dal punto di vista dell’igiene mentale quale atteggiamento consiglia per evitare di cadere in simili stati d’animo negativi in questa situazione pandemica ancora pericolosa nonostante le ultime aperture frutto della somministrazione del vaccino?
Suggerisco di stare accorti come facevo quando avevo a che fare con casi di depressione pre-covid. Il primo consiglio che davo a tutti in quei casi era di venire il meno possibile a contatto con quegli stimoli che possono causare un aumento dell’umore basso o dell’ansia. Quindi li invitavo a: non guardare i telegiornali, frequentare ospedali se non in casi urgenti, non andare ai funerali e ai cimiteri, non guardare film con scene di violenza. Questo vale anche per il Covid perché noto spesso che i pazienti venuti con una forte ansia dovuta al Covid si autobombardano da soli di informazioni raccolte dovunque e poi non ci capiscono più niente. Questo porta ad incrementare la paura che è un’emozione che cresce quando si ha a che fare con situazioni che non sono ben spiegate, non si conoscono bene. Quindi la prima cosa da fare è limitare le informazioni con cui si viene in contatto per esempio sui social dove gira veramente di tutto. Prevenire con questa strategia mi pare basilare. Il terrore è un’emozione paralizzante che non ci serve. Occorre invece prudenza e consapevolezza e responsabilità personale. Rispettare le indicazioni date di distanziamento, uso di mascherine e di igienizzazione delle mani sono gli atteggiamenti più giusti da tenere.

Vorrebbe aggiungere qualcosa?
Penso che vadano avanzate delle specifiche per due categorie: i bambini e gli adolescenti. Queste due categorie hanno reazioni diverse rispetto a quelle dell’adulto. Se andiamo, ad esempio, a vedere le difficoltà insorte e rafforzate nel bambino di età inferiore ai sei anni si notano molti atteggiamenti regressivi per cui, come riferiscono molti genitori, vogliono “tornare nel lettone” o “il latte caldo coi biscotti” come quando erano più piccoli. Un modo, questo, con cui loro manifestano la loro ansia. E poi mostrano disturbi del sonno, manifestano cambi dell’umore piuttosto improvvisi, irritabilità maggiore rispetto a quella solita. L’importante è capire che questi atteggiamenti non sono causali, bensì reazioni che il bambino accusa anche in risposta agli atteggiamenti del genitore a questa difficile situazione. D’altronde il bambino è lo specchio del genitore e viceversa. Ogni cosa che passa dal genitore arriva al bambino perché è legato in maniera empatica molto forte alla figura genitoriale, per cui se il genitore è ansioso e disturbato dal timore pandemico trasmette le sue preoccupazioni al figlio. Nell’adolescente si manifestano sia reazioni ansiogene simili a quelle adulte sia comportamenti autolesionisti consistenti in tagli alle braccia. I tagli non sono quasi mai indicatori di volontà suicidarie ma modi per stigmatizzare alcune emozioni. Piuttosto di sentire meno il dolore emotivo mi provoco un dolore fisico cosi mi concentro su altro. Sempre tra gli adolescenti abbiamo anche dei disturbi da disadattamento, cioè difficoltà di concentrazione, somatizzazioni come mal di testa e di stomaco frequenti. Poi ci sono le fobie e le contro-fobie che sono caratteristiche tipicamente adolescenziali. Ci sono cioè dei ragazzi che si sono così isolati e chiusi di fronte a questa situazione contingente che rifiutano di più la vita sociale mentre altri, controfobici, sfidano la pandemia andando in giro in gruppo senza mascherina. In questi casi è importante la presenza del genitore, dell’adulto, che deve instaurare un dialogo, anche quando sembra che sia tardi, e con molta pazienza cercare di parlare e affrontare con un dialogo emotivo sia i bambini che gli adolescenti.

Come si potrebbe combattere lo stress provocato da questa quarantena forzata?
Con l’attività fisica, la pratica sportiva, la meditazione, hobby e attività piacevoli, ed evitare l’isolamento cercando di mantenere i contatti con il mondo utilizzando anche le tecnologie in modo intelligente, e mantenere la cura dell’aspetto fisico. Ho sentito pazienti che, dovendo stare in quarantena, rimanevano in pigiama tutta la giornata senza pettinarsi e curarsi. Questi atteggiamenti non vanno bene perché possono portarci nel vortice della depressione.

Ma tornando alla pandemia ci può dire qualcosa sugli effetti che essa ha provocato nel nostro ambiente?
Se si deve parlare delle problematiche insorte recentemente si può anche fare riferimento al primo lookdown di marzo dell’anno scorso che, secondo una ricerca dell’Istituto Elma Research, ha sviluppato nel 65 % degli italiani addirittura insonnia, debolezza, tristezze, paure, panico. Un dato che testimonia l’emergenza psicologica che viene anche evidenziata dai numerosi casi di violenza familiare e contro le donne perché la condizione di isolamento in casa ha acuito le tensioni. Un’altra cosa che mi viene riferita da persone esasperate è: “Non c’è solo il Covid”. Il virus è purtroppo la cima dell’iceberg di mille altri problemi sottesi a livello d’istruzione, sanità, famiglia, lavoro. Senza dimenticare tutte le altre malattie presenti cui il Covid si sovrappone e che bisognerebbe togliere il più velocemente possibile. Pensando a come reagire a tale situazione a livello psicologico mi viene in mente che bisognerebbe fare riferimento alla nota teoria dell’evoluzione di Darwin. Egli afferma che l’essere umano e tutti gli esseri viventi possono sopravvivere ed evolversi solo se riescono ad adattarsi ed essere plastici di fronte alle situazioni mostrando soprattutto di essere resilienti. Quindi, in una situazione di disagio come quella attuale, occorre sapersi adattare nel senso non di accettare supinamente che le cose vadano così ma, per esempio, facendo meno feste ed evitando situazioni di contagio. Una persona resiliente fa di un problema una opportunità di crescita, di apprendimento di altro, e questo mi pare l’indicazione da seguire. Un altro aspetto da tenere presente è quello ottimistico-realistico e per questo vorrei fare riferimento, invece, a un esempio presente nei libri di psicologia.

Prego, faccia pure…
Un ufficiale americano, durante la guerra del Vietnam degli anni settanta, fu imprigionato dai soldati nemici insieme ad altri sette-otto commilitoni. Ognuno di loro, a parte l’ufficiale, aveva un ottimismo un po’ troppo accelerato, irrealistico, ed era convinto di essere liberato di lì a poco. Passavano però i mesi, gli anni, e questo non succedeva, così alcuni di coloro che non reggevano il prolungarsi della prigionia fuggivano e venivano fucilati mentre altri arrivarono a suicidarsi. L’unico che sopravvisse fu l’ufficiale perché era convinto che ce l’avrebbe fatta anche se era consapevole dell’inferno nel quale si trovava ma sapeva che doveva solo resistere, rimanere sano di mente senza darsi obiettivi a breve termine. Come tanti miei pazienti che si erano illusi quando invece bisognava essere cauti. Chi non lo è poi arriva ad abbracciare teorie negazioniste che attecchiscono proprio perché non siamo abituati a sopportare situazioni di questo tipo; invece occorre che ogni cosa faccia il suo corso.

Trovo che lei sia preparata su questo dannato virus…
Ho approfondito la tematica anche perché, oltre all’attività privata svolgo la funzione di psicologa del Liceo Statale “C. Lorenzini” di Pescia, che comprende cinque istituti superiori, dove mi occupo dello sportello d’ascolto e tengo corsi psicologici vari per i ragazzi tra cui uno proprio specifico sul Covid. Collaboro anche con l’associazione “Aspis” di Cosenza, affiliata col MIUR, che organizza corsi in tutta la nazione per il personale scolastico. Tra poco dovrebbe uscire un libro sugli effetti psicologici della pandemia scritto da una psicologa dell’associazione di cui ho curato la prefazione.

Insomma, dottoressa Socci, mi pare che Lei sia stata la persona giusta al posto giusto, per cui la ringrazio, la saluto e auguro a lei e a tutti noi la fine di tutto questo… “strazio”.
Di auguri e positività ne abbiamo veramente tutti bisogno, grazie a voi.

Questo “periodaccio” finirà un giorno di questi.
Intanto seguiremo il consiglio della dottoressa Socci di praticare la resilienza, poi si vedrà.
L’ ottimismo è bello e non costa niente.

 

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