Paolo Lazzari

Siete mai entrati in un’azienda che produce pellame? L’odore è così intenso che prima si insinua nelle narici, poi arriva direttamente a squassarti i pensieri. Dicono che dopo un po’ ti ci abitui, a quella sensazione sgradevole. Oppure puoi anche scegliere di fare altro, magari rischiando pure di strinarti nel tentativo, ma se la vita spande zaffate di coraggio nell’aria, allora devi provarci. Leonardo Semplici, da Firenze, si trova ad un bivio. Per mezza giornata sgobba con il babbo nella ditta di famiglia. L’altra metà la passa a rincorrere un pallone. In famiglia gliel’hanno detto chiaro perché, si sa, i toscani non hanno l’abitudine di aggrapparsi a giri di parole: “Studia, diventa agente di commercio e prosegui il mestiere “. Lui però arriccia il naso e non è per via dell’aria acre, pesante. La culla del rinascimento è anche l’ecosistema prediletto per i prodotti di pelletteria. Si tratta di portare avanti una tradizione secolare. Il calcio, però, è già una sirena che ammicca senza ritegno ad un marinaio d’acqua dolce.

Parliamoci chiaro: il trailer non è di quelli che ti fanno prenotare il biglietto. Leonardo ha i piedi buoni, è risoluto e armato di una discreta visione di gioco. Ma nulla di più. La sua carriera racconta un modesto oscillare tra le increspature del calcio semiprofessionistico del Granducato: Lucchese, Sangiovannese, Rondinella, Poggibonsi e le altre sorelle di un calcio minore. La trama è questa e non pare avvincente. La sua voce è addensata da grumi di fatica quando deve spiegare a babbo che comunque si sbaglia. La svolta però è soltanto rimandata. A 37 anni inizia il suo secondo tempo. Semplici decide di accomodarsi in panchina: la prima esperienza ha le striature non certo indimenticabili del San Gimignano, ma lui comunque sa che è soltanto l’inizio. La stagione si conclude con un trionfo, con il club promosso in serie D e docce di champagne a rimescolare i capelli. Quando indovini il bersaglio al primo colpo i casi possono essere sostanzialmente due: botta di fortuna siderale o stimmate del visionario. La storia vira decisa verso la seconda. Inumidite le dita e piegate l’angolo della pagina su questo punto, perché è qui che risiede una traccia fondamentale del carattere di Leonardo. Semplici fa rima con umile. Sarebbe promosso, ma accetta di restare nella categoria più bassa per allenare il Figline Valdarno – altra iniezione di toscanità sincera – per continuare a sperimentare, sbattere, imparare. In realtà anche lì tesse un autentico miracolo, conquistando tre promozioni in quattro anni. Adesso la voce comincia a spargersi. Nella pelletteria di famiglia nessuno scuote più la testa.

Il momento del grande salto è arrivato. Semplici guadagna la panchina dell’Arezzo, assecondando un fil rouge che lo vede graniticamente legato alla sua regione. Qui però si consuma uno spettacolo brutale: malgrado gli ottimi risultati ottenuti la società lo esonera alla tredicesima giornata, quando la squadra veleggia al terzo posto. Una di quelle sprangate a tradimento che potrebbero far vacillare un uomo senza una struttura interiore solida. Semplici però incassa, ringrazia e archivia. Se fosse un romanzo, a questo punto il copione sarebbe chiamato come un cross nel mezzo: il protagonista inciampa, si procura una bella cicatrice, ma poi si riscatta. La vita reale però fa spallucce, infischiandosene della fiction. Leonardo accetta una nuova panchina: sì, indovinare è fin troppo semplice. Toscana, ancora una volta. Pisa. Solo che non fa nemmeno in tempo a capire da che lato pende la torre che già lo cacciano.

Afflitto, ma reattivo, Semplici decide di rimettersi in discussione facendo quello che può apparire un passo indietro: accetta di allenare la Fiorentina Primavera. in realtà il suo non è un movimento teso ad arretrare. È la rincorsa necessaria per spiccare un salto altrimenti implausibile. Con la viola dei giovani arrivano risultati e gioco fluido. Per le sue mani passano Bernardeschi, Chiesa e molti altri. La sua rivincita ha appena parcheggiato nel vialetto di casa e adesso apre lo sportello. I fisici la chiamano entropia. È la misura del disordine in un qualsiasi sistema, incluso l’universo. Per Semplici collima con la necessità di recidere il legame con la quella Toscana che lo ha abbracciato per anni. Il suo personalissimo disordine ha l’aspetto affascinante e imperioso di Ferrara. La SPAL è un club con una storia, ma galleggia nelle categorie minori da un’era geologica. Lui la porta al primo colpo dalla Lega Pro alle Serie B. Se pensate che questo sia incredibile, allora forse dovreste ripassare la storia. L’anno successivo, da esordiente assoluto tra i cadetti, inizia male. La squadra stenta, ma poi affonda il piede sul pedale dell’accelerazione. Una viaggio inarrestabile con fermata sulla Serie A.

Una volta arrivati in cima, le correnti diventano così forti che possono spostarti. Semplici però mantiene un equilibrio saldo, conservando le basi dell’autentica anima toscana. Quell’umiltà che sa declinarsi nell’irriverenza del sognatore senza cura, al momento giusto. Così conquista due salvezze sinceramente poco pronosticabili. Quando si separa dal club spallino, i tifosi non possono fare altro che rimpiangerlo. Ora inizia una nuova avventura, di nuovo lontano dalla sua terra. La Sardegna ha il profumo selvaggio e incontaminato delle isole. Cagliari ha bisogno di un miracolo a domicilio. Leonardo è pronto a ripetersi. Perché essere Semplici, a volte, è tutto quello che serve.

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