Andrea Cosimi

Al pareggio di Marconi, nel finale della partita di andata, cominciai a pensare fortemente che la B sarebbe stata possibile. Mi ricordo che, finita la partita, rincontratisi fuori dello stadio, tornammo a casa come sempre con mio figlio Leonardo (lui in Curva, io in Gradinata), ragionando della finale di ritorno. Fu una settimana di attesa “bestiale”, ogni giorno la mente si proiettava con ansia al giorno dell’epilogo, si accumulavano nella mia mente e lottavano tra loro speranze e timori.

Il mio rapporto con il Pisa cominciò appena nato: i miei cari, che purtroppo ormai non ci sono più da tempo, mi trasmisero questo folle amore per la mia città e per i Neroazzurri, un amore che dura da sempre e non ha mai avuto momenti di crisi. Ho anche vissuto lontano da Pisa in diversi periodi della mia vita, ad Abbadia San Salvatore in provincia di Siena, a Siena (dove di soprannome in molti mi chiamavano “Pisa”), a Ravenna; ma il richiamo alle origini, alla mia nascita nel quartiere di Porta a Lucca, mi hanno sempre tenuto saldamente attaccato ai colori della mia città.

Anche per questo, la settimana che precedette la finale di ritorno a Trieste, il turbinio di emozioni e di ricordi creò un pathos crescente: ripensai alle prime partite per mano a Nonno Renzo, al debutto all’Arena con gli amici, alle centinaia di trasferte dell’era Romeo, agli ultimi venticinque anni di sofferenza quasi sistematica, a suon di fallimenti, mancati ripescaggi e delusioni. E mi dicevo, e lo dico tuttora, che meritavamo e meritiamo di più.

Al posto nostro tante tifoserie si sarebbero dissolte, e ne abbiamo svariati esempi in Toscana, per molto meno: a noi Pisani un quarto di secolo durissimo ci ha ulteriormente rafforzato, siamo sempre di più e sempre più uniti e determinati.

La notte di sabato fu insonne, non stavo più nella pelle: con mio figlio (che volle assolutamente venire nonostante una tosse e un mal di gola devastanti) ed altri amici abbiamo fatto parte del pullmann organizzato alla grande da Daniele Paffi, figura storica Pisana, persona sempre positiva e costruttiva.

Un viaggio lunghissimo, in una splendida giornata di sole, le fermate in autogrill (dove incontrai Leonardo Ciucci, il pittore innamorato di Pisa e del Pisa con il quale ci sentivamo quasi tutti i giorni scambiandoci messaggi vocali pieni di speranza), l’arrivo a Trieste con quel prefiltraggio nel caldo… E poi l’ingresso: quello stadio bellissimo, degno di una finale di Champions.

Mi misi in fondo, a bordo campo, lato sinistro, ad un certo punto mi girai e… le lacrime furono inevitabili: quella muraglia neroazzurra era meravigliosa, riandai con la mente ai tantissimi esodi che ho vissuto, ed in quel momento pensai ad uno in particolare, quello di Cremona, che ancora ho nel cuore, quello della promozione in A…

Non sto a descrivere cosa provai durante tutta la partita, lo immaginerete certamente, mi soffermo solo sue due momenti. Quello sul finire, dove per un nano secondo ho temuto un secondo rigore a favore della Triestina, e quell’attimo di terrore non lo dimenticherò mai, e il secondo tempo supplementare: stavamo 2-1, soffrivo troppo, tachicardia ai massimi, ansia, nodo alla gola.

Decisi di stare nel piazzale dietro la nostra Curva, camminando in su e in giù come uno zombie: non ero da solo, come me almeno un’altra cinquantina di anime in pena vagava, tra questi un altro personaggio storico della nostra tifoseria, “Sandrino” Alessandro Bartalini: ci incrociavamo… quanto manca… e poi l’orecchio teso a sentire gli umori del pubblico.

Al nostro boato al goal di Gucher sono e siamo corsi tutti dentro: io sono letteralmente impazzito, ho cercato subito mio figlio, un abbraccio che non dimenticherò mai, ho abbracciato gli amici cari come Daniele Benvenuti, Fabrizio Bertini, Giovanni e Lorenzo Vincenti, Alberto Foggia, Nicola Sanna, il mitico Dino, Michela e quanti altri ancora presenti e chiunque incrociassi, è stato bellissimo e indimenticabile, una gioia senza limiti, pazzesca.

Quanto rimanemmo volentieri in quello stadio, la foto in questo articolo è scattata a notte fonda. Ancora oggi ripenso spesso a ciò che avvenne esattamente un anno fa e non smetto di emozionarmi.

Pisa mio rimani in B, abbiamo da scrivere tante altre pagine gloriose insieme.

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