Prosegue il racconto a puntate di Guido Martinelli, ambientato in un futuro non troppo lontano. In questo episodio c’è un nuovo personaggio, Abdul, che rivela al protagonista un particolare inquietante sul misterioso virus. Se vi siete persi le puntate precedenti le potete trovare qui: 123. Buona lettura!

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Sabato 1 Marzo 2025

Caro Simone,
ritorno dopo un bel po’ di giorni di assenza perché sono sempre stato un tipo incostante, intermittente, discontinuo, alterno, e non riesco mai a dare continuità alle mie azioni. A mia scusante devo specificare che mi è venuta a trovare una febbre insidiosa, di gradi 38,5, per due lunghe giornate, al punto di indurmi a temere il peggio, ma per fortuna questo virus rompiscatole non si manifesta così. Mi ha pervaso, altresì, timore e affanno per cui telefonai ripetute volte ad amici medici, ma per una benigna sorte trattavasi soltanto di un banale raffreddamento dovuto alle mie esibizioni in pantaloni corti sul balcone, trasformato in palestra, senza ricordare le troppe primavere trascorse. Miss Tachipirina lo debellò rendendomi un servigio.

Così, nei giorni successivi ho dovuto recuperare il lavoro inevaso anche per i capricci della rete che da un bel po’ va più a singhiozzo di me. Nei lunghi, tempi morti ho ciondolato tra solitari e una vagonata di libri letti come un centometrista lasciando i social tristi, solitari y final, come direbbe il mio amico amato Soriano. Un eremita. Il contagio, a sentire i media, resta ancorato a cifre sempre alte: ho perso il conto e la voglia di esserne informato. Anche il macellaio all’angolo, a sentire una mia vicina che mi ha chiamato con intenzione, pare essere stato colpito senza speranza. Me ne sono crucciato, era bravo, gentile e simpatico. L’impicciona mi ha sciorinato anche i nomi di altri vicini caduti nella rete, ma i nomi mi erano ignoti e la liquidai bruscamente.

Perché, amico diario, ti ho chiamato Simone? Perché, come già ricordai alle tue bianche pagine, è il nome del mio baffuto genitore: uomo simpatico e comprensivo fino allo “funesto die” della sua fuga per “rifarsi una vita”. L’ho pensato molto in queste sere silenti, al punto che stanotte, mentre mi aggiravo al buio tra le stanze, avvertii la forte sensazione di una sorta di ragnatela che passava sopra la mia testa. Ma appena appiccai la luce non vidi niente intorno. a me. Spinto dal pensiero mi convinsi che fosse stata una carezza dell’ectoplasma del mio scanzonato genitore, grazie a cui ho passare un’infanzia ricca di giochi e divertimenti da rimpiangere in questo momento così triste in questa landa desolata abbondante di lacrime e paura. Le sue spoglie mortali giacciono da a tempo in terra straniera in una “illacrimata sepoltura” simil foscoliana.

Ma soprattutto, caro il mio babbo diario Simone, devi sapere che oggi pomeriggio ho avuto un incontro da condividere solo con un familiare, sia pur disperso. Devi sapere, mio caro Saimon, che me ne sono uscito verso le 13 per la spesa dato che ormai la dispensa piangeva. Armato di tutto punto con occhiali, occhi bassi, mascherina e guanti forse inutili ma indossati all’insegna del “non si sa mai”, mi sono furtivamente diretto a piedi verso il supermercato più vicino. Cosciente che avrei dovuto mettere alla prova la virtù che in questa situazione contingente è maggiormente sollecitata: la pazienza. Giobbe, che nella Bibbia resse con fede e rassegnazione le molestie, ingiustizie e tribolazioni che Dio gli aveva riservato, è l’esempio da imitare. In strada mi sono mosso circospetto ma quando ero oramai vicino alla Coop di Cisanello mi sono imbattuto nei primi militari fermi alla rotonda in tuta mimetica a gruppi di tre in assetto di guerra. Mi ricordai, allora, che aver udito dal video l’annuncio che avrebbero sguinzagliato i militi per pattugliare le
strade in modo da evitare i contatti contagianti.

A un certo punto mi è sfilato accanto un camion vuoto portandomi a fantasticare d’imbattermi in un carrarmato in mezzo ai carrelli della spesa: attesa delusa la mio arrivo in prossimità del parcheggio del grande market. In compenso, il solito elicottero è passato radente le teste della lunga teoria dei presenti nel parcheggio appena mi sono posizionato col carrello in coda a una fila dalla durata di circa due ore. Ripensando appunto al mitico, zelante Giobbe, cogitai come elaborare mentalmente un esercizio di meditazione zen utile alla bisogna quando il mio nome risuonò nell’aere.

– Francesco, Francesco Togni.
Anche se ora si sente dire che lo sguardo privo di contenuti passionali parrebbe meno letale, non alzai lo sguardo memore degli avvertimenti dei primi giorni pandemici all’insegna del “meglio avè paura che toccanne”; dè bimbi, fidati è morto.
– Sono Abdul, il tuo spacciatore di fazzoletti di carta come chiamavi tu me anni fa, ricordi, amico?
(M’illumino non d’immenso ma di sorpresa).
– Certo Abdul, scusami, ma non alzando lo sguardo non riesco a riconoscerti.
– Ma tu alza, alza, non c’è pericolo, dai retta me.
Le parole del costolone di colore di cui intravedo lo sguardo sorridente alzando lievemente la pupilla mi irritano un po’ per la prima volta da quando lo conosco. Per diversi anni, quasi tutti i giorni, uscendo dal Comune m’imbattevo
in lui nei pressi di Piazza Garibaldi intento a vendere la sua merce. Era divertente con quel suo slang strascicato a metà tra il Mar Rosso e l’Arno, raccontando barzellette e battute d’annata.

– Lo sai, capo, cosa fa asino su ferrovia Livorno-Pisa? De.. raglia
– È vecchia Abdul, dell’uno quando un c’era nessuno. Trovane altre.
– Tu sei vecchio, amico capo Francesco, e no sai più ridere come giovani.

Mi stava simpatico, e oltre a comprargli infinite confezioni di fazzolettini con cui riempivo la casa, ogni tanto gli offrivo da bere al bar in Piazza, e intorno al tavolino mi facevo raccontare le storie della sua terra. Della sua enorme famiglia, delle sue due o tre mogli, delle sua laurea presa a Dakar in qualcosa tipo agraria, e di quel viaggio terribile durato quasi un anno, tra tribolazioni e vessazioni, per accarezzare il sogno europeo. Poi sparì di botto e me lo dimenticai fino ad oggi.

– Abdul, che fai qui, vendi le solite cianfrusaglie?
Si avvicina un po’, col suo telaio a due ruote e fa.
– No amico, da anni lavoro in cooperativa di San Giuliano Terme, ora per loro faccio “spesa sicura” per anziani e malati. Vuoi che porti spesa casa tua anche se tu no vecchio e malato?

– Grazie Abdul, ma sono ancora autosufficiente, per fortuna, e così passo anche un po’ di tempo. Non vorrei approfittare della tua bontà.

Si avvicina ancora, e quindi arretro. Noto, restando con lo sguardo basso, il suo busto girare intorno a destra e sinistra, e quindi protendersi ancora un altro gocciolino e sussurrare.

– Spesa per te gratis, amico mio, e poi visto che trovato te per caso volio dire te cosa importante che non so a chi dire.
– Dimmela qui, ora o dopo la spesa.
La sua riposta è un soffio, anche se forse il tono è superfluo dato che pare che nessuno ci consideri quando sibila.

– No amico, cosa grave, molto, non da luogo aperto ma chiuso. Segreto. Dai me tua lista spesa che vedo in carrello con tuo indirizzo e io porto te tutto, così parliamo dopo tanto tempo.

Penso che chiunque altro, di fronte a una simile richiesta avrebbe arricciato il naso e opposto un deciso diniego, ma ritengo Abdul affidabile e soprattutto il primo essere vivente di genere umano che mi offre un favore da secoli: accetto. Mi ricordo di avere un biglietto da visita coi dati e glielo allungo insieme alla lista della spesa e due bigliettoni da cinquanta guardandolo anche in faccia per un breve e lungo istante. Il suo volto s’ illumina e riesco ad intravedere la sua perfetta dentatura bianca. Se mi fido mi fido, in barba al virus. E me ne andai, deciso, facendo un giro largo per imbattermi nei raggi di un sole beffardo.

Verso le 15,30, suonarono alla porta. La mia fiducia era stata ripagata come previsto: c’è sempre speranza per noi umani in questa terra di nessuno. L’ascensore lo liberò con quattro buste traboccanti che sistemammo in cucina. Mi porse il conto e mi restituì il resto: 9,15 euro. Volevo che gli restassero in mano ma lui si oppose, orgoglioso e deciso, posando gli spiccioli sul tavolo accanto all’acqua distillata. Ci guardammo in volto senza timore. Lui sorrideva,
appagato. Avvertii di nuovo un caldo tepore dentro dopo un lungo, freddo inverno..

– Non voglio niente da te, tu sempre stato amico con me, uno dei pochi, e per quello voglio dire solo te una cosa sentita stamani a casa padre capo polizia.
– Che ci facevi lì, Abdul, ti avevano finalmente arrestato?
(Ride)

-No, amico mio, io porto tante volte spesa padre capo o cosa importante polizia, in via Landi, dove lui era in altra stanza al telefono con voce alta che suo padre sordo e sempre urla perché padre senta lui, e lui diceva “Signore, questa cosa di epidemica….

– Epidemia, vorrai dire..
– Si, quella, insomma diceva: “Non possiamo più reggere questa storia del virus, dobbiamo passare alla fase due. Frontiere chiuse per virus, la rete sotto controllo, la stampa quasi, ora lentamente facciamo arrivare camion, soldati,
armi e altro. Aereonautica pronta. Marina non so. Parà con noi”. Poi lui spostato più là in stanza e voce no sentita più, e poi babbo preso a gridare che quello grida sempre che ha Alzeheimer, così ho dato lui spesa e soldi resto e fuggito via. Avuto paura che figlio vedesse me che sentivo e magari punisse me.

– Ma o Abdul, sei sicuro di non aver ascoltato la tv accesa? Sembra la trama di un vecchio film. I colpi di Stato, ora, mica si fanno con le truppe schierate. Stavo per aggiungere “mica siamo in Africa”, ma per fortuna mi sono bloccato.

Lui ha scosso serio la testa, deluso della mia reazione, ma dopo un istante ha sorriso di nuovo e aggiunto.

– No, amico mio, sicuro io di quello sentito, ma capisco che è poco. Settimana prossima torno casa polizia e se sento qualcosa posso chiamare te a tuo numero?

– Ecco, bravo, tu torna li e se il film continua fammi sapere, ma non al telefono: se ci sono cattivi in giro meglio dire le cose a voce.

Che un altro breve scambio di battute con un altro mio simile non mi dispiacerebbe.

A questo punto si rassicura, allarga di più il sorriso, e dopo qualche convenevole se ne va.

Ora che rivedo la scena scrivendola avvero meno certezze rispetto al pomeriggio. E se ci fosse del vero nelle sue parole? Abdul è una persona di valore e se avesse sbarcato sui nostri lidi in sala parto avrebbe un altro status sociale. Non mi pare il tipo da inventar balle o prendere lucciole per lanterne, pisani per livornesi.

Viro per un prudenziale agnosticismo, optando per restar tra color che sono sospesi, come tutti, tra l’altro, in questi travagliati momenti.

Darotti notizie Simon Padre, uomo che andò in luogo del rimaner a me accanto, e mal ne incolse a entrambi.

A presto, tuo
Francesco Togni

( 4 – continua)

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