In questi momenti difficili abbiamo tutti più tempo per leggere. Per questo quando l’amico Guido Martinelli ci ha proposto un racconto a puntate l’idea ci è piaciuta subito. Come le serie tv, i film e la musica, può essere utile, per chi lo vorrà, a distrarsi un po’. La storia è ambientata in un futuro non troppo lontano. Si parla di un misterioso virus. Ma non vi angosciate (per questo basta e avanza la realtà quotidiana): più avanti ci saranno anche sorprese divertenti…

 

Guido Martinelli

Martedi, 18 Febbraio 2025

Chiudo il portatile lentamente e rimango per qualche minuto con la schiena appoggiata alla sedia davanti alla libreria. La consueta seduta giornaliera di smart working si è conclusa. Vado, ormai così meccanicamente dietro quelle pratiche che mi sono già dimenticato tutto e non ho la minima voglia di ricordarmi niente. Mentre pigio i tasti sopra quelle pratiche relative a ricostruzioni di carriera o accertamenti vari di fatture relative ai lavori svolti da e per il Comune, metà dell’emisfero cerebrale emigra altrove. Sono diventato un automa, un vero e proprio robot burocratico. Il Comune di Pisa dovrebbe essere orgoglioso di avere un simile zelante dipendente che esegue silente senza proferir verbo. Mi accollo senza batter ciglio pure il lavoro di altri colleghi su varie questioni. La meccanizzazione sta prendendo sempre più piede e quando, tra una decina di anni, sarò messo finalmente in quiescenza è probabile che mi sostituirà un robottino. Una breve firma nel file apposito del Comune ed ora sono un uomo libero di morire di noia fino a domattina.

Lancio uno sguardo annoiato al dorso di alcuni libri posti sopra di me nella biblioteca dello studio onde trovarne uno con cui passare la prossima nottata insonne. Da quando ce ne stiamo tutti reclusi in casa passo quasi tutta la notte con gli occhi spalancati ma mi faccio una cultura di alto livello. Solo al primo chiarore dell’alba riesco ad assopirmi per qualche oretta. Ma poca roba. Verso le tre del pomeriggio, di regola sconto la notte bianca con una ventina di minuti di
occhi ciondoloni e sbadigli rumorosi ma lentamente mi riprendo e resto vigile a guardare il nulla di tv o dello smartphone.

Nel pomeriggio, oltre la solita, lunga razione di comunicazione social, intendo chiamare qualcuno reale, magari della banda dei “bimbi scemi”, o quello che è rimasto dei vecchi, decrepiti, compagni del liceo, per rilassarmi con due bischerate classiche delle nostre come si deve.

Il rumore delle pale di un elicottero che passa ormai nella zona da alcuni giorni sempre verso quest’ora mi porta lontano dalle immagini dei ragazzi ormai attempati. Così abbandono la postazione preferita e mi dirigo verso il balcone per osservare meglio le evoluzioni dell’ elicottero della polizia che perlustra, scendendo a bassa quota, il Viale delle Piagge volteggiando pure sull’Arno che costeggia la passeggiata. Forse per verificare che non ci siano salme in acqua? A questo punto siamo? Pare ci sia un bombardamento in atto. E di guerra stiamo parlando ma contro un nemico invisibile.

Questo governo ormai in sella da due anni e mezzo, essendo autoritario e duro, per quanto si può esserlo in un paese anarchico come il nostro, anche di fronte a questa pericolosa emergenza si mostra deciso e intransigente. Chi non rispetta le ordinanze statali finisce in gattabuia di volata. Le strade sono pattugliate dall’esercito. Alle nove di sera è in atto da una quindicina di giorni un vero e proprio coprifuoco. E chissà per quanto tempo ancora durerà. D’altronde, questo virus è senza dubbio il più aggressivo che si sia mai visto da centinaia di anni. Il più subdolo e insidioso di sicuro. Si chiama Oculovirus, o almeno è stato volgarmente battezzato così da un giornalista polacco perché è lì che si è manifestato per la prima volta in Europa.

Il o meglio i pazienti zero di questa epidemia vengono da un paesino a pochi chilometri da Katowice. La foto dei due fidanzatini, 20 anni lui e 22 lei, con cognomi da codice fiscale morti abbracciati con una espressione sognante, quasi sorridendo, ha fatto il giro del mondo commuovendo tutti e contribuendo così a dare un’aria romantica a questa temibile minaccia. Così, il secondo soprannome che gli è stato dato è un mistificante “romantic virus” che sembra attenuarne la pericolosità.

In realtà, il nostro nemico è una degenerazione del più semplice Adenovirus, una semplice, banale congiuntivite che in tempi normali si cura senza pensarci con un banale collirio degenerata, circa nove mesi fa, da un banale guasto del gasdotto di Komachagank nel villaggio di Berezovka, il villaggio dei veleni popolato da solo duemila anime disperse nella steppa kazaka. Un giornalista ha scritto che li “i tetti sono lamiere e i bagni buche scavate sottoterra”. In quella landa desolata il consorzio Kpo Bv, sede fiscale in Olanda, formato da alcune multinazionali, tra cui un’italiana che ha una quota di maggioranza, tirano fuori il gas che arriva da noi dopo parecchie raffinazioni dato che contiene parecchie pericolose percentuali di acido solfidrico. Questo composto chimico se respirato può causare un numero notevole di malattie, ma le sostanze più pericolose sono i mercaptoni, che sono presenti in alta percentuale negli idrocarburi della zona e sono considerati causa di molte malattie genetiche come accade a persone ed animali della zona. Loro sono dei tioli, ovvero composti organici assimilabili ad alcoli in cui l’atomo di ossigeno è sostituito da un atomo di zolfo con la formula generale R-SH che poi ha portato i virologi a chiamarlo V R-SH. Lì, il 15 luglio ci fu l’incidente battezzato Chernobyl 2. Riferendosi all’arcinoto disastro del reattore esploso nella città ucraina nel lontano 1986 che contaminò sostanzialmente solo quella zona anche in tutto il mondo si temette, nei giorni successivi al fatto, la pioggia delle nuvole radioattive portate dal vento dell’est.

Stavolta l’effetto c’è stato eccome anche se tutto è ancora avvolto nel mistero. Ovviamente le dietrologie si sono sprecate e come accaduto in altre occasioni anche la genesi di questo nuovo agente patogeno è misteriosa. Gli effetti, però, sono sotto gli occhi di tutti. e mai frase fu più giusta perché i protagonisti essenziali di questa infezione sono proprio gli organi con i quali noi umani guardiamo il mondo e i suoi componenti.

Quando dalla prima occhiata distratta si passa ad una seconda più attenta cioè dal guardare si arriva ad osservare e la timida, superficiale occhiata inizia a trasmettere contenuti emotivi dalla forte valenza emotiva il virus inizia ad agire. Parte subito un evidente tremore, una specie di tremarella che porta a scompensi cardiaci notevoli che in soggetti cardiopatici possono risultare letali anche se pure altri organi possono risultare colpiti. Segue un progressivo aumento della temperatura che arriva in poche ore a livelli molto alti e rimane stabilmente sopra i 40 per circa tre giorni. Se si supera quel lasso di tempo indenni è fatta. Altrimenti è la fine, come è successo fino ad ora a 4.639 persone nel nostro paese in circa venti giorni, mentre i contagiati a detta dell’ultimo bollettino sono ben 32.784. D’altronde siamo mediterranei emotivi mica freddi scandinavi. Anche se pure nelle gelide atmosfere antropiche dell’est europeo e altrove la bestia alligna con piacere. Senza dimenticare il resto del pianeta.

Come si comprende le emozioni forti, i coinvolgimenti emotivi di alto livello come l’amore e l’odio sono sicuramente i principali fattori scatenanti di questa che potremmo definire pandemia senza tema di smentite. L’atarassia, l’indifferenza, sembrano le condizioni migliori per sopravvivere. Così tutti hanno preso a camminare con lo sguardo basso e gli occhiali da sole in modo da non intercettare i bagliori visivi del prossimo. Le categorie più a rischio sono i fortunati che provano un forte coinvolgimento amoroso verso gli altri e gli sventurati che invece avvertono acri sentimenti negativi nei confronti di qualcuno dei suoi simili.

È un tipo molto contagioso questo virus, sia pur in un modo ancora in parte misterioso. Basta stare vicino a una persona ancora scossa dall’eco di simili, forti emozioni, che le vibrazioni si trasmettono a chi gli sta accanto. Non si sa ancora come. Infatti, appena gli infermieri prendono, con le dovute cautele, i corpi dei contagiati per portarli all’ospedale come prima cosa appongono una benda sopra i loro occhi.

Pare, come hanno sottolineato gli psicologi dopo la sua comparsa, una malattia dell’anima, e forse questo virus è stato da sempre latente dentro l’animo umano. Nel bene e nel male. D’altronde quanto male è nato anche dai sentimenti più belli come l’amore? Ed anche quanto bene a volte ha spento il fuoco pernicioso del male. Ora entrambi sono pericolosi.
Scrivo tutte queste considerazioni a futura memoria su questo quadernetto rosso come la rabbia e l’impotenza di fronte a questo invisibile nemico per portarne memoria quando tutto questo male sarà estirpato. Ma ci riusciremo? Ci vorrà qualcosa di artificiale come un vaccino o forse dentro di noi si può trovare l’antidoto a tale malessere? Occorre la scienza o la filosofia?

Me lo domando spesso, come fanno tanti altri, senza trovare ancora la risposta giusta. L’elicottero si è ormai allontanato riprendendo la direzione dell’aeroporto di San Giusto e io comincio ad avvertire un certo languorino. Ti lascio mio nuovo amico di carta, a domani. Penso e spero con qualche notizia positiva.

Saluti,
tuo Francesco Togni

(1 – continua)

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