– Ilario Luperini –

Oltre cinque anni sono trascorsi dalla scomparsa di Paolo Lapi. Formatosi alla Scuola d’Arte di Firenze, è stato un artista di grande talento, di riconosciuta fama ben al di là dei confini regionali. Numerose le sue mostre e le sue partecipazioni a iniziative collettive. Una carriera lunga e colma di importanti riconoscimenti. Non ultima l’onorificenza del 1979: Cavaliere della Repubblica per meriti artistici. Notevoli le sue partecipazioni a manifestazioni artistiche a Zurigo, Baden, Parigi, Praga, negli Stati Uniti. Un’eccellenza nel panorama artistico pisano e internazionale.

Artista di notevole qualità pittorica, Paolo Lapi non si è mai sottratto dall’affrontare temi di rilevanza sociale: dalle “Macchine Infernali” dei primi anni Sessanta, ai “Signori della Guerra”, scenari dominati da figure fantastiche e terribili allo stesso tempo, sfigurate dall’orrore della guerra e della paura. Fino agli “Appunti di un viaggio imaginario” in cui lo sguardo del pittore è catturato dalle genti d’Africa, dal loro modo di vivere, di gesticolare, di muoversi, dai loro costumi dove la decorazione e la cromia si esaltano e li avvincono. Un delicato poeta della visione.

Ciò che lo ha sempre distinto e ha dato continuità a tutto il suo operare è il modo originale con cui ha trattato il colore: è la sua forza interiore che esplode in superficie e genera spazio colorato. Una forza interiore determinata dalla volontà di superare gli stereotipi, di rifiutare facili sociologismi; una forza interiore che significa comprensione istintiva di un mondo per la cui decifrazione non bastano né astratte ideologie, né volontaristiche fughe in avanti; servono, invece, profondità del sentire e consapevolezza della complessità. Il colore diviene vera e propria intelaiatura della realtà, strumento di escavazione interiore, filtro attraverso cui passa e si sublima la percezione dell’esistenza.

Le sue appassionate e tormentate campiture possono considerarsi testimonianza delle più scottanti questioni esistenziali della nostra epoca: l’ossessione della solitudine e dell’incomunicabilità, le barriere dell’individualismo e degli egoismi, le vecchie e nuove emarginazioni. Una testimonianza talora scettica e disincantata, ma, in fin dei conti, fiduciosa in una nuova armonia.

Un artista che non ha mai dimenticato le sue origini pisane e toscane, a cui era visceralmente attaccato, anche quando la sua fantasia e la sua immaginazione lo accompagnavano in terre lontane. Elegante, delicato, profondo, burlone, qualità tutte che Paolo Lapi trasferiva con inusitata intensità espressiva nei suoi lavori.

L’opera di Lapi fa approdare a un’universale lezione di fratellanza e solidarietà, di scambio e di sostegno. Non solo, dunque, un acclarato maestro del colore, ma un artista e un uomo a tutto tondo che ha saputo affrontare anche i suoi ultimi giorni sempre proiettato nel futuro, con intelligenza, sensibilità, consapevolezza.

Ilario Luperini

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