Ilaria Clara Urciuoli

Varcare la soglia di Palazzo Medici Riccardi lascia sempre un’emozione particolare: in quei mattoni e sotto i lastroni, nelle colonne del cortile e lungo le scalinate si stratifica la storia di Firenze a partire da uno dei suoi periodi più affascinanti: non basta dire Medici, per ricordare le fondamenta di questo edificio bisogna parlare di Cosimo il Vecchio, figlio di Giovanni di Averardo detto Bicci (vero artefice della potenza della famiglia). Fu Cosimo che, ereditate le enormi ricchezze lasciate dal padre, volle realizzare qui un vero e proprio quartiere mediceo in continuità con quelle che erano state le scelte dei suoi predecessori. Era una zona, quella del Cafaggio, di recente espansione come suggerisce anche l’etimologia del nome che, derivato dal longobardo, vuol dire “bosco”: nella primavera del 1445, quando iniziarono i lavori, la famiglia era già proprietaria di diversi palazzi lungo la nuova Via Larga (oggi via Ricasoli).

Cosimo gradualmente realizza il suo piano: oltre alla loro residenza fioriranno in poche decine di metri la Basilica di San Lorenzo, il convento ristrutturato di San Marco e poi gli omonimi giardini realizzati successivamente dal “magnifico” nipote. Inutile dire che intorno a questo ampio progetto architettonico ruotarono i grandi personaggi dell’arte che nel Quattrocento avevano come centro di riferimento proprio la città toscana: Brunelleschi, Beato Angelico, Filippo Lippi, Michelozzo di Bartolomeo sono solo alcuni dei nomi legati a questi spazi voluti da Cosimo. Tra loro anche il celebre, ma forse non ancora pienamente apprezzato, Benozzo di Lese, passato al secolo come Benozzo Gozzoli. È proprio in queste sale, nascosto nel cuore del palazzo, che si trova uno dei suoi capolavori, indubbio esempio di maestria: la Cappella dei Magi.

 

Per far scoprire al grande pubblico i meriti di questo artista (il cui seicentesimo compleanno due anni fa è passato senza onori) Palazzo Medici Riccardi ospita fino al prossimo 10 marzo una mostra, curata da Serena Nocentini e Valentina Zucchi, che (come spiegano le due storiche dell’arte) evidenzia come Benozzo Gozzoli fosse maestro “dalla pittura devota e didascalica ma, allo stesso tempo, moderna e aggiornata verso una maggiore aderenza alla realtà”.
Già dalle prime opere infatti spicca la cura dei tessuti a lui tanto familiari da poterne riprodurre un’ampia gamma di tipologie con l’accuratezza propria del figlio di un farsettaio: egli infatti è cresciuto tra le stoffe che il padre sceglieva e lavorava per crearne giacche da uomo (i farsetti appunto). Lo slancio verso il dettaglio si rivela anche oltre gli abiti e rappresenta uno dei tratti più suggestivi della sua pittura, sicuramente influenzata da un’altra esperienza formativa vissuta quando era poco più che ventenne. Al 1444 risale infatti il contratto di collaborazione di durata triennale con la bottega dei Ghiberti per la realizzazione della cosiddetta Porta del Paradiso del Battistero: immerso nell’arte orafa osserviamo un amore per la decorazione minuziosa e il lusso delle dorature che caratterizzerà anche gli affreschi della Cappella.

A quest’esperienza segue, nel 1447, l’ingresso ufficiale nel mondo dei “dipintori” (come riportato nel Catasto di quell’anno) seguita da lavori che lo vedono lontano dalla sua Firenze. Se è ancora dubbia la partecipazione dal 1438 al 1443 del Gozzoli nei lavori presso il convento di San Marco al fianco di Beato Angelico, non vi sono dubbi sulla loro collaborazione in questi anni nella Roma di Niccolò V e a Orvieto. “È irresistibile la suggestione delle opere giovanili – dice Bernard Berenson – dipinte, di direbbe, da un Fra Angelico che avesse dimenticato il cielo e si fosse innamorato della primavera e del mondo”. Notevole importanza ebbe nella sua pittura infatti il frate domenicano che, nel 1449, torna a Firenze: inizia così per Gozzoli un periodo di autonomia che lo vede spostarsi per diverse commissioni fino al 1459, anno in cui i lavori del nuovo palazzo di Cosimo sono quasi giunti al termine. Non più ragazzo ma pittore affermato Benozzo torna a Firenze per rispondere alle richieste della famiglia più importante della sua città.

Il percorso della mostra è un viaggio preparatorio alla visita della cappella (che è la prima di cui si autorizza la costruzione in un palazzo privato in città); un viaggio che vede esposte diverse opere (alcune provenienti da siti illustri come la National Gallery di Londra o il Louvre di Parigi) attraverso le quali avvicinarci con più consapevolezza alla sua pittura, ma è anche arricchito da altri elementi, come parte del carteggio intercorso tra il Gozzoli, Piero de’ Medici (figlio di Cosimo) e Roberto Martinelli (che seguiva i lavori), lettere che rendono vivo il racconto della realizzazione degli affreschi della Cappella. Una tappa multimediale immersiva ci guida nell’esplorazione delle diverse tematiche con il gran pregio di renderci immediati alcuni dei tanti dettagli del Viaggio dei Magi.

Se il soffitto della Cappella con la sua simbologia ci parla “di orgoglio dinastico e opulenza messi al servizio della devozione” (come ben sintetizzato dalla storica dell’arte Cristina Acidini), l’affresco evidenzia la magnificenza e la potenza dei Medici in quegli anni. La stessa Acidini, in un saggio contenuto nel catalogo mette in luce le ragioni del soggetto che “corrispondeva pienamente all’immagine pubblica della famiglia, che usava identificarsi in sapienti sovrani orientali giunti, grazie alla guida di una stella, all’umile stalla di Betlemme per offrire doni al Messia” e insieme dava ai pittori la possibilità di rappresentare cortei dal gusto esotico. Inoltre, poche decadi prima, Gentile da Fabriano aveva dipinto la celebre Adorazione dei Magi per Palla Strozzi (rivale di Cosimo nella politica e nella finanza). A queste motivazioni si aggiunge che “i Medici patrocinavano la Compagnia dei Magi e ne finanziavano l’allestimento di una processione cerimoniale che da San Marco sfilava verso il Duomo nel giorno dell’Epifania: loro stessi, in vesti lussuose, impersonavano i Re cavalcando alla testa del corteo. Le diverse età dei Magi consentivano di collegare ad ognuno una generazione medicea: l’anziano Cosimo, i figli adulti Piero e Giovanni, i bambini Lorenzo e Giuliano figli di Piero, Cosimino figlio di Giovanni. In quel 1459, i maschi della casata – speranze di continuità e di potere – erano tutti vivi; i Medici trionfavano nella pienezza della solidità dinastica e del predominio economico (nonché dell’influenza politica), ben prima che i decessi, le congiure e infine l’esilio intervenissero a loro sfavore”.

Il movimento, la ricchezza figurativa e l’equilibrio negli affreschi avvolgono lo spettatore che vede confluire in quella pittura un paesaggio vario e ideale, codici sociali per eventi pubblici e la celebrazione della casata e del suo seguito realisticamente di facile identificazione per un ospite coevo all’artista. Ecco dunque che la mostra diventa una nuova occasione per osservare quel periodo luminoso della nostra storia attraverso luoghi in cui (malgrado le modifiche dei secoli successivi) riecheggia ancora la voce di Lorenzo il Magnifico, i passi dei principali protagonisti di un’Italia divisa tra ducati, repubbliche, signorie, l’imperiale russare di Carlo V qui ospitato nel 1536 e il primo vagito Caterina de’ Medici, futura regina di una Francia provata dalle lotte di religione.

Tutta questa vita sembra ancora pulsare in queste sale, complice la suggestione dell’arte che qui si intreccia indissolubilmente alla storia politica e sociale ed è probabilmente per questo che Ernst Gombrich afferma “Nessuno andando a Firenze dovrebbe rinunciare al piacere di visitare questa piccola cappella in cui pare che galleggi ancora qualcosa dell’aroma e del sapore di una vita festosa”.

In occasione della mostra tornano anche gli appuntamenti digitali di MUS.E alla scoperta dell’arte e della storia fiorentine. I prossimi appuntamenti in programma sono il 28 gennaio con Diane Cole Ahl (tra le più grandi studiose dell’artista) che tratterà dell’esperienza di Benozzo Gozzoli a San Marco con l’Angelico; l’11 febbraio con la già citata Cristina Acidini, che discorrerà della cappella con il Viaggio dei Magi il 25 febbraio, infine, Laura Llewellyn, esperta della National Gallery di Londra, che ci parlerà della Pala d’altare di Benozzo Gozzoli per la Compagnia della Purificazione e di san Zanobi.

Ilaria Clara Urciuoli

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