Guido Martinelli

Nello scorso mese di novembre è stato celebrato il centenario del Milite Ignoto, e ho pensato di onorare, a modo mio, la memoria dei tanti combattenti che hanno sacrificato la loro vita in quell’evento orribile che è la guerra. Il mio pensiero è andato a toccare il ricordo di quei ragazzi morti durante il risorgimento e a quindi, alcuni giorni fa, ho deciso di passare dalla Domus Mazziniana che si trova a Pisa, in via Mazzini, ma vi si può accedere anche da via D’Azeglio. Per chi non lo sapesse, questo museo e istituto storico è dedicato alla figura di Giuseppe Mazzini che vi abitò, sotto il falso nome di Giorgio Brown, dal 6 febbraio 1872 sino alla morte, avvenuta il 10 marzo dello stesso anno. La Domus è stata dichiarata Monumento Nazionale nel 1910 e inserita nella rete degli Istituti storici di interesse nazionale nel 2002.

Penso che sia importante ricordare anche l’inserimento nei luoghi della memoria da parte del garante per le celebrazioni del 150^ anniversario dell’Unità d’Italia, nel 2009. Quando sono entrato vi ho trovato una classe terza della scuola secondaria “Vincenzo Galilei” in visita didattica e, dopo aver atteso che la scolaresca si dileguasse, ho approfittato della disponibilità, gentilezza, pazienza e competenza dell’attuale direttore scientifico della Domus, professor Pietro Finelli, per porgli alcune domande su questo stupendo edificio e sull’epoca storica che visse il grande personaggio politico che qui chiuse la sua esperienza terrena.

Professore, ci racconti qualcosa della Domus…
“Con piacere. Intanto va specificato che questa non è la casa originaria dove morì Mazzini, perché tale abitazione fu distrutta dal drammatico bombardamento del 31 Agosto 1943 durante la seconda guerra mondiale dato che era vicina alla Stazione Ferroviaria, bersaglio strategico importante perché permetteva ai tedeschi di portare le bombe dal porto di Livorno al fronte, che non era molto lontano da qui. Le bombe, ai tempi, erano meno intelligenti di quelle dei nostri giorni, e per essere sicuri di ottenere dei risultati significativi decisero di radere al suolo tutto il quartiere della stazione e di Porta a Mare. Basta guardare intorno alla Domus per rendersi conto di trovarsi in mezzo a case moderne, costruite dopo gli anni cinquanta. La stessa sorte è capitata a questo edificio, che già nel 1944, appena Pisa fu liberata, il sindaco di Pisa, Italo Bargagna, presidente del comitato di liberazione nazionale, partigiano e autore della rifondazione della Pubblica Assistenza a Pisa, e il Rettore dell’Università dell’epoca Augusto Mancini, decisero di ricostruire questa casa”.

Il professor Pietro Finelli

Perché questa priorità?
“Perché Mazzini è stato uno dei primi uomini politici a credere nell’unità d’Italia. Mazzini voleva una nazione unificata, unica e indipendente, ma anche libera, repubblicana e democratica. Quindi in una nazione che stava uscendo dalle macerie di una guerra voluta da una dittatura come quella fascista con l’appoggio della monarchia che sarà poi sostituita nel 2 giugno del 1946 da un Referendum abrogativo, Mazzini diventava un punto di riferimento fondamentale. In qualche modo, ricostruire la casa dove era morto Mazzini voleva dire ricostruire la repubblica democratica dalle macerie della dittatura e della guerra. Questo anche perché la casa non era di Mazzini, lui era ospite di due suoi amici, collaboratori che hanno dei cognomi importanti per la storia italiana”.

Chi era il padrone di casa?
“Il padrone di casa si chiamava Pellegrino Rosselli. A Pisa c’è la via Fratelli Roselli, Carlo e Nello, che furono due dei principali leader dell’antifascismo democratico. Erano così importanti che l’8 giugno 1937 Mussolini li fece assassinare in Francia, dove si trovavano in esilio. La moglie di Pellegrino, Giannetta Nathan, è la sorella di Ernesto, di cui ricorre il centenario della morte quest’anno, che fu il primo sindaco moderno e democratico di Roma; per intendersi l’uomo che nella città eterna ha portato l’elettricità e realizzato il piano regolatore. L’unico, ancor oggi, sindaco della capitale di origine ebraica. I Nathan Rosselli erano dei patrioti di religione ebraica. In una città come la nostra che a San Rossore, nel settembre 1938, aveva ospitato la firma delle leggi razziali, era anche questo un modo per sanare una frattura nel modo più significativo possibile. La comunità ebraica era tanto italiana che a casa di ebrei era morto il padre dell’Italia unita e democratica”.

Insomma, questa casa era un simbolo…
“Certo, perché in qualche modo la storia di questa casa e delle famiglie che ci avevano abitato era la storia della democrazia italiana ed è sempre stata ritenuta così importante che, pur essendo piccola, la Domus Mazziniana è stata visitata da ben tre Presidenti della Repubblica, anzi noi diciamo tre e mezzo perché venne qui anche il Presidente Gronchi quando era Presidente della Camera e non della Repubblica. Il primo fu Luigi Einaudi che nel 1952 la inaugurò, nel 2004 fu la volta del Presidente Ciampi che vi tenne il discorso con cui si diede l’avvio alle celebrazioni che portarono nel 2011 al centocinquantenario della nostra Unità. In quello stesso anno venne il Presidente Napolitano per riaprire al pubblico la Domus dopo i lavori di ristrutturazione che le hanno restituito l’aspetto attuale”.

Insomma, la casa si è rifatta il lifting…
“Si è data un aspetto profondamente innovativo dal punto di vista architettonico. La nostra facciata di Via d’Azeglio è un testo letterario perché l’idea era che se Mazzini era il punto di riferimento della comunità repubblicana, civica e italiana, lo doveva essere anche la casa. Quelle scritte non sono, quindi, casuali. Sono il testo del giuramento della Giovine Italia, scritta a Marsiglia nel luglio del 1831, ed è il momento in cui cambia l’idea di cosa vuol dire essere italiano. Fino alla fine del 1700 essere italiano voleva dire parlare, o meglio scrivere poesie in italiano. L’eredità italiana era un’identità culturale, molto colta: pochissimi italiani parlavano italiano. La conoscenza della lingua italiana è una conoscenza che si è sviluppata nel corso del tempo. Con la Giovine Italia è italiano colui che vuole trasformare l’identità culturale in una identità politica. Come direbbe Forrest Gump: italiano è chi l’italiano fa. Gli italiani decisero di stare insieme, non venne imposto loro da guerre. Con queste parole del giuramento della Giovine Italia nasce l’Italia così come la conosciamo noi, e l’unica copia autografa di Mazzini di tale giuramento esistente al mondo è qui conservata. Questo manoscritto è stato donato dagli eredi di Giuseppe Giglioli, amico di lotta del patriota rivoluzionario, alla sua morte”.

Il Risorgimento, da quale movimento culturale fu ispirato?
“Dal Romanticismo, movimento nel quale siamo calati anche ora. Per noi è normale che due persone che si sposano lo fanno perché sono innamorate tra di loro. Se i vostri trisavoli avessero detto che si sposavano per amore li avrebbero rinchiusi in qualche clinica psichiatrica. L’idea che i rapporti umani fossero regolati da passioni e da sentimenti non era concepibile. La rivoluzione romantica è il ribaltamento di questa prospettiva e la passione politica ha stravolto decine di migliaia di giovani fedeli agli ideali mazziniani che hanno rischiato e perduto la vita per inseguire i loro sogni”.

Come affermano anche le parole del nostro inno…
“Appunto. Erano pronti alla morte per un’idea nuova di fratellanza contro la più grande potenza europea qual era l’Impero Austro Ungarico. Questi patrioti erano come dei martiri cristiani che sacrificavano la loro vita per l’Italia e il loro sangue doveva servire per far risorgere la nazione”.

Le società segrete e la massoneria che ruolo hanno avuto nell’Unità d’Italia?
“Hanno avuto un ruolo determinante nel Risorgimento perché non c’era, dopo il Congresso di Vienna del 1815, libertà di associazione. La massoneria è stata importante dopo l’unità d’Italia perché ha assunto il ruolo di chiesa laica, di custode della tradizionale laica risorgimentale. Questo a partire dal momento che Garibaldi accetta di diventare gran maestro massonico e tra le tante obbedienze divenne capo di quella più democratica. In un secondo tempo vennero riunificate e si assisté al prevalere di quella più democratica avanzata. Anche il sindaco Nathan fu un gran maestro della massoneria italiana, e fu quello che gestì le ricorrenze della Breccia di Porta Pia e dei cinquant’anni dell’Unità d’Italia. Quindi i massoni divennero in qualche modo i custodi di quella memoria. Moltissimi intellettuali e scrittori aderirono alla Massoneria e in qualche modo si costituì una memoria storica laica che contribuì, per esempio, alla nascita dei cimiteri laici. Questo fatto portò anche alla nascita di una associazione laica come la Pubblica Assistenza che, in opposizione alla Misericordia più religiosa, prese ad occuparsi della tumulazione dei defunti a costi più contenuti. Così si iniziò a costituire una identità alternativa a quella cattolica dominante fino a quel momento”.

Che rapporto c’è stato tra Mazzini e la Massoneria?
“C’è una leggenda per cui Mazzini sarebbe stato massone e c’è proprio una lettera di Mazzini ad una loggia massonica di Palermo in cui dice “Mi dispiace, io condivido i vostri ideali ma io ho fatto un giuramento alla Giovine Italia e si giura una sola volta nella propria vita”.

Garibaldi, però, ha già affermato che era, invece, massone.
“Garibaldi ha un’attiva partecipazione alla massoneria, ma in realtà il santo massone è Mazzini, basti pensare che i massoni onorano i defunti non il 2 novembre, come tutti, ma il 10 marzo, giorno della dipartita mazziniana”.

Le chiederei, per concludere, una considerazione finale sul Risorgimento…
Un signore di nome Lenin diceva ‘Una rivoluzione non è un pranzo di gala’. La cosa che abbiamo dimenticato è che il Risorgimento è stata la rivoluzione più importante che il nostro paese abbia vissuto nella sua storia. È stato un processo in cui, in un arco di tempo tutto sommato limitato, sono scomparsi, nel nostro territorio, stati che esistevano da secoli. Parlo del ‘Regno delle due Sicilie’ che era il più antico d’Europa essendo nato 700 anni prima, e dello ‘Stato della Chiesa’ voluto da Dio. Quindi, quanta forza e quanta violenza ci saranno volute per abbatterli? La battaglia di San Martino e Solferino, tanto per fare un altro esempio, è la battaglia che condusse alla nascita della Croce Rossa dato che c’era stata una tale violenza e ferocia e con esiti così sanguinosi che si giunse alla conclusione che non si poteva più arrivare a combattere così. Il Risorgimento è stato un processo di nascita di una nazione che, di solito, non avviene in maniera pacifica, e si porta dietro, sempre, morti, vinti e vincitori. Il problema è interrogarsi sui valori per cui questo processo è stato realizzato, ma è stata un’esperienza unica perché ha garantito a noi italiani l’unità e la libertà”.

Ben detto, grazie Professore, e arrivederci all’anno prossimo perché il 10 marzo 2022 ricorrono i 150 anni dalla morte di Giuseppe Mazzini e suppongo che la Domus sarà teatro di eventi culturali cui non mancheremo.
“Senz’altro. Grazie, vi aspettiamo”.

Bene, non resta che concludere con un classico, patriottico Viva l’Italia e un invito a non dimenticare le nostre radici perché siamo quello che siamo stati.

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