Paolo Lazzari

Da Sansepolcro a Palermo, sola andata. A volte la vita ti serve una mano di carte irriverente e, in questi casi, l’unica cosa da fare è gettarle sul tavolo per vedere che succede. La storia di Gianluca Enzo Buono, aretino d’origine, mamma sarda e babbo campano, è un mix che dischiude sensazioni contundenti, proprio come quelle che ti regala un piatto ben fatto.

Fino al 2011 Gianluca è presidente del Consiglio comunale locale e probabilmente, se qualcuno glielo proponesse, soppeserebbe la cosa qualificandola alla voce “scherzo disdicevole”. Bene inserito nel tessuto cittadino, capace di muoversi anche sulla scena politica nazionale (per anni è un punto fermo per la comunicazione online di Pier Ferdinando Casini), Buono non avrebbe motivi per muoversi dalla confortevole atmosfera toscana per andare ad avventurarsi al Sud. Eppure le certezze acquisite vengono prese a picconate quando, complice ancora la politica, conosce Doriana, all’epoca consigliere comunale proprio a Palermo.

La forza motrice dell’amore fa detonare progetti apparentemente implausibili. Gianluca lascia Arezzo, compiendo un percorso totalmente inverso rispetto alla narrazione consueta, e qui – insieme alla moglie – apre Osteria Ballarò, oggi uno dei ristoranti più pregiati del capoluogo siculo, incastonato proprio a due passi dai “Quattro canti”, non lontano dal celebre mercato.

Come ci è arrivato in Sicilia un aretino, peraltro saldamente radicato al territorio?
“La vita ti regala grandi sorprese ed un po’ occorre lasciarsi andare e farsi guidare dall’istinto e dalle passioni. Nato e cresciuto in Valtiberina, da babbo campano (carabiniere) e mamma sarda (chef), dopo aver visitato ogni anno la Sardegna e sentirmene visceralmente legato… sono finito nell’altra isola, dove – tra l’altro – non ero praticamente mai stato. La Sicilia da luogo lontano, esotico, è diventata la mia casa. Il motivo, come si può facilmente intendere, è l’amore sbocciato con mia moglie. Sì, una donna può molto!”.

Da quale impulso nasce Osteria Ballarò? Cosa volete raccontare con il vostro lavoro?
“Abbiamo cercato fin dal principio di testimoniare l’amore verso la Sicilia con ciò che facciamo. Vogliamo farlo mettendo in risalto le eccellenze che ci sono, a partire dalle professionalità. Non siamo esattamente a Ballarò, ma Ballarò è il mercato più vivo a Palermo, quel luogo dove i palermitani vanno a fare la spesa, dove si trovano la frutta e verdura più buona, siciliana. Un luogo vivo come è viva Palermo. La nostra idea di ristorazione è quella di creare un posto dove stare bene, un nido nel cuore di una città accogliente già di suo, dove assaggiare cibi quasi esclusivamente provenienti dalla Sicilia e sapientemente valorizzati dal nostro Chef Calogero Branco e dall’intera squadra di cucina, lasciandosi coccolare dal nostro personale di sala. Volete mettere sorseggiare un vino tra i 500 siciliani presenti nella nostra carta?. Poi investiamo molto in formazione: corsi di inglese, corsi per barman, degustazione di olio e vino, perché il nostro è un lavoro estremamente faticoso, si lavora quando gli altri si riposano, per farlo con gioia devi amarlo”.

Arezzo e Palermo. La Toscana e la Sicilia. Cosa ti manca di più e cosa, invece, senti di aver conquistato?
“Mi manca casa, può bastare? Mi mancano le nostre primavere, il profumo della campagna, le nostre pietre di città, perfino la nebbia di queste serate, in generale un più forte equilibrio tra uomo e natura, che qua manca. Ho conquistato un’altra visione del mondo grazie alla propensione propria della Sicilia di accogliere e di essere faro del Mediterraneo, ho compreso come la storia e la cultura siano sedimento di varie popolazioni e passaggi e non solo di una che ha mantenuto le sue – pur ricche – tradizioni. Ho fatto mia la voglia di una gran fetta di siciliani di diventare liberi di disegnare il proprio futuro, senza più legami e oppressori. La strada è ancora lunga ma il percorso è avviato e mi sento di farne parte. Forse pure per questo ora la Sicilia è uno dei primi desideri per italiani e stranieri per le proprie vacanze. Sapete quante iniziative imprenditoriali stanno nascendo in Sicilia? C’è una grande dinamicità”.

Il potenziale siculo pare sconfinato, eppure deve fare i conti con un gap infrastrutturale atavico e con certe incrostazioni comportamentali difficili da grattare via. Cosa scorgi dentro ad un prossimo orizzonte decennale?
“La Sicilia è una terra di contraddizioni, non devo ricordarlo io. Si dice che prima del Ponte sullo Stretto occorra sistemare la rete delle infrastrutture interne, con il risultato che il Ponte non c’è e le strade sono mulattiere, mentre le ferrovie sono inadeguate anche ai 100km/h. Tra Treviso e Belluno esiste un’autostrada con un lungo e impegnativo traforo, tra Palermo e Agrigento, il capoluogo e una grande città, ad ora ci sono dei tratti a traffico alternato con semaforo. Senza il Ponte la Sicilia non sarà mai connessa al resto dell’Italia e non è un fatto strategico solo per la Sicilia, ma anche per la Calabria, non ha senso far arrivare l’alta velocità a Reggio Calabria per 2 milioni di abitanti, ma gli abitanti diventano più di quelli del Triveneto se alla Calabria si aggiunge la Sicilia: ora che il turismo e le produzioni in Sicilia stanno crescendo e di molto, il Ponte non è una infrastruttura più rinviabile. È chiaro che l’Italia è stata più attenta ai centri di produzione del centro nord ed alle interconnessioni con l’Europa centrale rispetto alle esigenze del Sud ed alla sua storica propensione ad essere centro del Mediterraneo, mi vengono in mente qui le idee di Sturzo, ma dall’altro lato la politica siciliana è stata storicamente più attenta a spendere i soldi in stipendi fini a se stessi che in progetti di sviluppo, capaci di generare prospettive nuove per le generazioni future. Ora tutto questo sembra superato, i siciliani mi pare non abbiano più voglia di stare a guardare, avverto fermento intorno a me, le forze fresche e in gamba tornano dall’estero per radicarsi qui, sono fiducioso”.

Arte, mare, gastronomia, cultura, isole e montagne, sono alcuni dei punti di forza della Sicilia di cui i turisti vanno pazzi…
“Sì, la Sicilia va amata e preservata, perché qui c’è davvero tutto. Il giorno che non sentirò più nessuno pensare ‘è di tutti, quindi non è mio’, il giorno che non vedrò più nessuno lanciare una cartaccia per terra, quel giorno la Sicilia non dovrà più invidiare niente a nessuno”.

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