All’isola del Giglio, in provincia di Grosseto, è partito un progetto finanziato dall’Unione Europea per eradicare piante e animali che modifichino la biodiversità. Tra le altre cose è previsto l’abbattimento dei mufloni. Subito si è alzata la protesta degli animalisti, che parlano mattanza ingiustificata e, oltre ad aver avviato una petizione online per bloccare le operazioni, chiedono l’intervento alle autorità (in primis al premier Draghi) per fermare la mano del presidente dell’ente Parco dell’arcipelago toscano.

Il sindaco dell’isola del Giglio, Sergio Ortelli, spiega cosa c’è dietro al proposito di abbattere gli animali. “È una richiesta che nasce dai nostri agricoltori e che è stato spiegato ai cittadini in diverse assemblee, che hanno compreso perfettamente. Stiamo parlando di 20-30 animali al massimo. All’inizio, negli anni ’60, questi animali erano tenuti in una riserva, in un terreno privato. Dieci anni fa circa scapparono. Il progetto, sposato sia dal Parco Nazionale dell’Arcipelago che dalla comunità europea, ne prevede l’abbattimento. Sono animali incompatibili con la biodiversità dell’isola, che modificano l’equilibrio del Giglio. Chi oggi ha alzato questo polverone – conclude il sindaco – lo fa solo in modo strumentale, guarda caso è una persona che aveva un incarico nel parco, e che ora non lo ha più”.

Brambilla: “Mattanza deve cessare”

L’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, chiede non soltanto di fermare “la mattanza” dei mufloni dell’isola del Giglio, ma anche le dimissioni del presidente e degli amministratori del Parco dell’Arcipelago toscano “che l’hanno decisa senza valide giustificazioni, senza aver reso noti i risultati degli esami veterinari sugli animali già catturati e prevedendo invece graziosi regali ai selecontrollori-cacciatori: oltre al piacere di sparare, anche quello di portarsi a casa il trofeo, visto che il Parco ha facoltà di donare loro le carcasse. Il tutto al costo di 1,6 milioni di euro dei contribuenti italiani ed europei”.

Oltre a chiedere l’intervento del premier Draghi e del ministro Cingolani perché fermino “il massacro”, Brambilla annuncia azioni legali: un esposto in Procura e un reclamo alla Corte dei Conti europea. “La perdita di biodiversità – sottolinea la parlamentare – è considerata la più grande emergenza del pianeta insieme con quella climatica. Eppure gli amministratori dell’Ente Parco dell’ Arcipelago Toscano vivono in non so quale passato, convintissimi che nel XXI secolo sia ancora accettabile, anzi necessario, affrontare problemi complessi a suon di proiettili. Considerano i
mufloni specie aliena, mentre basta un’occhiata all’Enciclopedia Treccani per apprendere che i mufloni sono specie presenti da tempo immemorabile in Sardegna e nel Parco nazionale dell’Appenino Tosco-Emiliano. In Sardegna e in Corsica, dove l’abbattimento dei mufloni è vietato dal 1953, si parla di tracce risalenti a 7 mila anni fa“.

Lo zoologo: “non è una mattanza”

“Nell’Isola del Giglio i mufloni sono una specie aliena: rimuoverli è un atto di conservazione, non una mattanza”, spiega il professor Luigi Boitani, ordinario di Zoologia del dipartimento di Biologia e Biotecnologie presso l’Università Sapienza di Roma. “L’animale introdotto in Italia peninsulare è causa di squilibrio potenzialmente molto dannoso per altre specie autoctone e preziose. Per questo la sua eradicazione, già avviata, è un atto di conservazione della biodiversità. Non appena si è sparsa la notizia dell’avvio delle operazioni di rimozione dei mufloni dall’isola del Giglio, è partita la raffica di prese di posizione, accuse e allarmi, tutto condito con una pletora di false notizie. L’uso stesso di termini come ‘mattanza’, ‘condanna a morte’, ‘esecuzioni’, è sintomatico di una lettura volutamente distorta della realtà, un lessico teso a forzare l’opinione pubblica, un po’ come fanno alcune persone che, di questi tempi, parlano di ‘dittatura sanitaria’.” “L’analogia con la manipolazione dei termini nel campo della vaccinazione anti-Covid – aggiunge – non è casuale, perché anche nel caso delle grida contro la rimozione dei mufloni sono in campo una sostanziale ignoranza scientifica e il tentativo di giustificare con falsi argomenti tecnici una personale e legittima convinzione etica”.

Le origini del muflone

Il muflone altro non è che “una pecora selvatica di origine asiatica – spiega il professor Boitani – portato in Sardegna e Corsica forse 6-7000 anni fa, molto rustica e adattabile a quasi tutti gli ambienti grazie anche alla sua dieta che include una grande varietà di piante. Ha delle corna di grandi dimensioni e questo ha fatto del muflone un trofeo molto ambito dai cacciatori. Sono stati proprio i cacciatori che hanno portato il muflone in molte regioni d’Italia e ogni anno ne uccidono parecchi, solo in Toscana questo anno saranno circa 400. Il problema è che il muflone è, in Italia peninsulare, una specie aliena, cioè una specie che non si è co-evoluta con gli habitat italiani e la sua presenza è quindi fonte di squilibrio potenzialmente molto dannoso per altre specie autoctone e preziose. Una delle prove che sia una specie poco adatta ai nostri ambienti peninsulari è che, dove muflone e lupo si sono incontrati, il lupo si è mangiato tutti, davvero tutti i mufloni che, provenendo dalla Sardegna dove il lupo non è mai esistito, non hanno comportamenti di fuga e difesa in grado di proteggerli dal predatore”.

 

Foto: Wikipedia

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