La domanda che molti si pongono è questa: chi ha venduto da bere alla quattordicenne finita in ospedale l’altra sera a Firenze? È giusto, non si può vendere alcolici ai minori. Però il problema è molto più ampio e non si può ridurre tutto a una questione di rispetto delle regole, di controlli e sanzioni. Bisogna andare più a fondo e porsi delle domande sui giovani, ma anche sugli adulti a cui spetta il compito di educarli.

Ma veniamo ai fatti. Tre amici, due di 14 anni e uno di 15, si ritrovano in centro, a Firenze, con il preciso intento di “sballarsi” con una bottiglia di whiskey. Vanno avanti così, per ore, finché una del gruppetto si sente male crolla per terra. Scattano i soccorsi, la portano in ospedale: il referto parla chiaro, intossicazione da alcol. La ragazzina passa la notte lì prima di essere dimessa e poter tornare a casa.

Sono sempre di più i casi come questi, con i giovanissimi che finiscono al pronto soccorso per aver alzato troppo il gomito. Dopo il lockdown c’è stato un vero e proprio boom del triste fenomeno. Lo “schema” è sempre lo stesso:  vanno in un negozietto e prendono una bottiglia di superalcolico, più qualche birra. Poi ci si ritrova in un parchetto, o per strada, e si inizia a brindare, finché la mente inevitabilmente si annebbia. Si beve senza neanche un perché, avanti fino a svenire, o quasi. Nei casi peggiori si finisce in ospedale. Ma può andare anche peggio.

I controlli vengono fatti e quando un esercizio commerciale viene sorpreso a vendere alcol ai minori scattano pesanti sanzioni. Lo stesso dicasi per chi vende alcolici dopo le 21 in centro. Ma i problemi non si risolvono solo in questo modo, anche perché uno le bottiglie le può acquistare anche al pomeriggio e portarsele dietro la sera nello zainetto.

Intanto i genitori sono sempre più allarmati e chiedono più regole e più controlli. Ma forse sarebbe il caso di porsi alcune domande, prima di tutti questa: da dove nasce questo vuoto che molti dei nostri ragazzi pensano di riempire ingurgitando alcol come se non ci fosse un domani? Non possiamo fare nulla per aiutarli a vivere senza l’angoscia di dover colmare questo vuoto con una sostanza?

 

 

Foto: Pixabay

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