Ilaria Clara Urciuoli

Guardare, senza nemmeno troppo indugiare, le opere di Jenny Saville in mostra a Firenze corrisponde a un lavoro di allineamento con la propria coscienza emotiva: dizionario alla mano potremmo dar nome alle tante emozioni, sfumature o tinte nette, che queste opere evocano in noi. Nelle linee che moltiplicano movimento e forma, nei colori vivi come la sensibilità dell’artista, nella scelta dei soggetti e dei temi proposti troviamo l’indiscutibile capacità di comunicare di una delle più grandi pittrici viventi, voce femminile internazionale che affida al nostro essere sostanza fisica, materia organica in trasformazione, la complessità del non-banale, del non-fittizio. La realtà emerge nella rappresentazione dei tanti corpi nudi, dei volti raccontati da vicino nei quali spicca una femminilità offerta non solo come lineamenti ma come sensibilità. Labbra carnose su lineamenti delicati, grandi seni e fianchi sono quanto più possibile epurati dalla visione maschilista del corpo: tornano ad essere tratti, caratteristiche più o meno necessarie al genere femminile. Quello che vediamo nelle tante tele è un’eco di qualcosa che ci appartiene da sempre, archetipi che parlano e si relazionano in ogni momento del vivere umano.

Dolore, ribellione, sensualità, fragilità, resistenza, lucidità e fermezza, a volte freschezza e ingenuità: le donne raccontate da Saville sono vere donne, non manichini sociali come troppo spesso siamo abituati a vedere e ad essere nelle immagini del consumismo quotidiano. La profondità dello sguardo dell’artista inglese perfora l’immagine esteriore aprendo uno squarcio oltre il quale la bellezza è ricchezza dell’io nelle sue varie sfaccettature. Così la complessità diventa espressività e segno distintivo dell’individuo, firma e garanzia di autenticità.

Ciò che emerge dal progetto espositivo ideato e curato da Sergio Risaliti va ben oltre il già difficile presentare uno sguardo femminile sul femminile. È un percorso ricco e articolato che interessa cinque illustri sedi fiorentine: dal Museo Novecento che raccoglie circa 100 opere tra disegni e dipinti di medio e grande formato, arriviamo al Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, dove è esposta l’opera monumentale (lunga quasi 5 metri e alta più di 2 e mezzo) Fulcrum, immagine ipnotica di tre corpi nudi le cui carni drammaticamente si confondono. Tocchiamo in questo viaggio il Museo dell’Opera del Duomo (dove Saville coraggiosamente si affianca alla Pietà Bandini di Michelangelo con il suo Study for Pietà, disegno su tela che ci mostra la grande capacità dell’artista di guardare al contemporaneo dialogando con i maestri del passato), e ancora Casa Buonarroti (con opere che vanno oltre l’essere mero omaggio a Michelangelo).

ENNY SAVILLE Fulcrum, 1999 Olio su tela 261.6 x 487.7 cm 103 x 192 in © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 Collezione privata. Courtesy Gagosian

Altro luogo interessato è il Museo degli Innocenti dove viene proposta “The mothers“, la grande tela che riprende il tema della maternità, tanto caro all’artista che in numerosi lavori lo raccontata in prima persona, dalla gravidanza al parto fino alla compiutezza di una relazione che vive nel quotidiano con i suoi figli.

Ilaria Clara Urciuoli

Jenny Saville Firenze, Installation view, Museo dell’Opera del Duomo © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 Foto: Sebastiano Pellion di Persano Courtesy Gagosian

 

Foto in alto:
Jenny Saville Firenze, Installation view, Museo di Casa Buonarroti
© Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021
Foto: Sebastiano Pellion di Persano
Courtesy Gagosian

 

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