Luca Bocci

Tutto mi sarei aspettato da questo tempo strano che stiamo vivendo meno che avere nostalgia della Prima Repubblica, eppure succede sempre più spesso. Stamattina, di fronte all’ennesima sparata di Matteo Renzi sulla controversa candidatura del segretario del Pd Enrico Letta alle elezioni suppletive di Siena, mi sono ritrovato a rimpiangere la politica di una volta, persino le bizantine convulsioni della Balena Bianca degli anni attorno al fatidico “compromesso storico”. Il contrasto tra queste due, diversissime stagioni del cattolicesimo politico non potrebbe essere più stridente. Per fortuna i grandi esponenti della sinistra cattolica toscana sono passati da tempo a miglior vita. Uno spettacolo così indecente ed indecoroso gli avrebbe causato ben più di un travaso di bile. Per mia sfortuna ho passato abbastanza tempo dietro alle quinte della politica della nostra regione per saper fin troppo bene che mercanteggiamenti del genere sono all’ordine del giorno.

Ogni elezione, dalla più insignificante a quella della carica più alta, è inevitabilmente preceduta da lunghe sessioni di quello che una volta, sprezzantemente, i benpensanti marchiavano come il “mercato delle vacche”. Ma da qui a sentire un segretario di un partito politico, un ex presidente del consiglio che nessuno sano di mente accuserebbe mai di essere un novellino, offrire a mezzo stampa il proprio pacchetto di voti per garantire l’ingresso in Parlamento di un segretario di un altro partito lascia francamente interdetti. Non stiamo a sindacare il contenuto del messaggio, chiaramente. Più che legittimo chiedere e negoziare con possibili alleati il possibile appoggio a questo o a quel candidato, è forse uno degli elementi più fondamentali della politica grande e piccola. Quello che fa storcere la bocca e sognare di trovare una macchina del tempo che ci riporti a tempi più civili è la forma, l’assoluta naturalezza con la quale il Renzi si è messo a mercanteggiare a mezzo stampa per garantire al mai troppo amato Letta l’agognato accesso in Parlamento.

Queste cose si fanno, certo, ma c’è modo e modo. Un comportamento del genere, così sfacciato, con quella protervia di chi si sente, evidentemente, inattaccabile da tutto e tutti avrebbe garantito al signor Renzi l’espulsione immediata da qualsiasi organismo direttivo della Democrazia Cristiana di un tempo. Eppure oggi non sono nemmeno sicuro che questa uscita inaudita causi più di una scrollata di spalle da elettori e maggiorenti. Più che partire con l’ennesimo pistolotto sul fatto che i toni si siano alzati così tanto da lasciare come unica possibile escalation solo una sfida nell’ottagono o una rissa stile wrestling, viene da chiedersi come sia possibile che l’intero arco costituzionale abbia vissuto un’involuzione così drammatica.

Qualunque sia la vostra opinione sui tanti personaggi che popolano la politica, per chi ha troppi giri attorno al sole sotto le scarpe la sensazione che ai tempi dei partiti di massa difficilmente sarebbero riusciti ad uscire dai confini della propria città è insopprimibile. Eppure eccoli lì, perennemente di fronte alle telecamere, ad urlare l’uno contro l’altro nei salotti televisivi per poi abbracciarsi e spartirsi la torta una volta che la lucetta rossa è spenta. A parte le simpatie o lo spirito di parte, nessuno avrebbe mai il coraggio di definirli non dico “statisti” ma nemmeno “politici capaci”. Quando li osservi, non riesci a toglierti dalla mente l’idea che siano dei miracolati, gente capitata lì per uno scherzo beffardo della fortuna che si trova sul palcoscenico più importante senza quel modicum di autocoscienza che gli consentirebbe di rendersi conto di quanto siano totalmente, incredibilmente inadeguati alle sfide che hanno di fronte. Eppure sono lì, eredi indegni di tradizioni politiche una volta capaci di fornire al paese una classe dirigente se non brillante e competente almeno decorosa.

Ecco la parola chiave, che non si sente pronunciare da tempi immemorabili: decoro. Pur con tutti i suoi innumerevoli difetti, la politica della Prima Repubblica aveva una serie di regole ben precise che nessuno si sarebbe mai sognato di trasgredire. Comportamenti sguaiati, dozzinali, volgari erano impensabili in quel mondo fin troppo compassato, tanto da far assomigliare i congressi dei partiti ad esibizioni di statue di cera. Intendiamoci, dietro le quinte succedeva davvero di tutto, volavano le sedie, le coltellate dietro la schiena erano all’ordine del giorno, ma il volto che si sceglieva di presentare al pubblico era inevitabilmente all’insegna della massima serietà e sobrietà. I primi congressi dell’era Craxi, con i mega-palchi disegnati da stilisti ed architetti, vennero condannati senza mezze misure da gran parte degli
osservatori. Non si fa, non è decoroso. C’era chi avrebbe criticato Craxi anche se avesse salvato un neonato dall’annegamento, ma in generale queste esibizioni di potere e ricchezza erano mal viste. Buona parte dell’antipatia nei confronti di Silvio Berlusconi aveva la stessa motivazione. Il Cavaliere era “troppo”, troppo esplicito, troppo pronto alla battuta, troppo anticonformista, troppo accentratore. Questo anticonformismo gli valse molti voti nel 1994, quando la pazienza nei confronti dei riti della Prima Repubblica era del tutto esaurita, ma causò anche una reazione allergica in ampi strati della “maggioranza silenziosa”. Sfido chiunque a mettere a confronto il decoro ed il rispetto per le forme di Bettino Craxi e quelli di qualsiasi leader politico dei nostri tempi senza sprofondare in una depressione cosmica. Il problema non è che Renzi sia così spudorato, ma che nessuno consideri questo comportamento inaccettabile.

Chi ha avuto la sfortuna di conoscere il vero volto di molti politici di alto livello sa bene che erano lontani anni luce dall’immagine rassicurante, calma e fin troppo moderata che presentavano al pubblico. C’erano personaggi irascibili, vendicativi, calcolatori, privi di empatia, pieni di ogni sorta di vizi. Le loro vite private hanno riempito volumi e volumi che avrebbero fatto arrossire il Marchese de Sade ma la loro immagine pubblica doveva essere immacolata. Non lo facevano certo per rispetto delle istituzioni o delle ideologie che rappresentavano: lo facevano perché gli elettori li avrebbero puniti pesantemente se sgarravano. Il moralismo alle nostre latitudini non è mai arrivato ai livelli degli anglosassoni, dove una scappatella con un’assistente è recentemente costata il posto al ministro della sanità inglese.

Togliatti e la Iotti hanno vissuto “nel peccato” per decenni senza alcuna conseguenza politica, per non parlare dei figli illegittimi del presidente francese Mitterrand, venuti alla luce solo dopo la dipartita dello statista transalpino. Questa tolleranza, però, si esauriva di colpo quando si entrava nella sfera pubblica. Lì le regole erano ferree e rispettate da tutti. Oggi invece l’unica regola che sembra valere è quella di internet e dei social media: chi ha più clic, vince. La politica di una volta era talmente regolata e compassata da costringere giornalisti ed analisti a contorsioni mentali inaudite pur di riuscire a leggere tra le righe di quei comunicati stampa tutti uguali, con quel politichese che nemmeno gli addetti ai lavori riuscivano a padroneggiare fino in fondo. Al giorno d’oggi si dice tutto e il contrario di tutto, cambiando posizioni ed opinioni con la stessa naturalezza con la quale si cambia una cravatta e nessuno sembra pagar dazio. Il fiume placido della politica di una volta si è trasformato in un torrente ruggente, dove la schiuma delle rapide nasconde ogni genere di crimine nei confronti del buon gusto, del buon senso e della stessa logica. D’altro canto, come potrebbero mai le cose andare in maniera diversa? La politica ha messo in soffitta il rispetto, la cortesia, la moderazione perché la società nella quale viviamo è sempre più sguaiata, isterica, volgare e smoderata.

L’onda lunga della “fantasia al potere” sessantottina e del “distruggere tutto” è riuscita nel suo intento. Le regole sociali di una volta sono state spazzate via, tutte, senza distinzione. Se pochi sentono la mancanza dei delitti d’onore, della discriminazione legalizzata nei confronti delle donne o di chi ha una sessualità differente, moltissimi hanno nostalgia di quella politica dai toni pacati, che non aveva paura di sembrare noiosa. Insomma, Renzi è sguaiato perché, in fondo, ci va bene così. Più che fare il verso a Ginettaccio e urlare “tutto sbagliato, tutto da rifare”, meglio faremmo a guardarci nello specchio ed ammettere che questa politica sgangherata è figlia della nostra società. Nel giro di pochi decenni siamo passati da professioniste geniali, stakanoviste dello spettacolo come Raffaella Carrà a ragazzotte senza arte né parte come la Ferragni o la De Lellis, brave solo a vendere aria fritta al proprio esercito di followers. Siamo passati da maestri come Fellini, Antognoni e Bertolucci a registucoli interessati solo a cavalcare le mode degli indignati perenni e riempirsi le tasche di contributi pubblici per fare film che non guarderà nessuno. Potevamo aspettarci davvero che la politica non facesse la stessa fine? Per quanto ci spezzi il cuore, questo è il nostro mondo e questi sono i politici che ci meritiamo. Facciamocene una ragione.

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