Approvato all’unanimità, dalla direzione regionale del Pd, il documento con cui la segretaria Simona Bonafè ha fatto il punto politico sullo scandalo delle concerie, che da due mesi tiene banco in Toscana. L’inchiesta, com’è noto, vede indagati due esponenti dem: il consigliere regionale Andrea Pieroni e il sindaco di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda. Nel documento si fa una timida autocritica, ma senza calcare troppo la mano. “L’inchiesta preoccupa molto per la gravità dei reati ipotizzati, ma nessuno del Pd è indagato per reato di infiltrazione mafiosa – dice Bonafè -. Siamo il partito che ha sempre fatto della legalità uno dei propri baluardi e come prime iniziative abbiamo pensato proprio a rafforzare gli strumenti contro le infiltrazioni”. Al primo punto, quindi, c’è una frase che sa tanto di autoassoluzione: “Respingiamo con forza l’accostamento tra la vicenda dell’interramento illecito dei rifiuti delle concerie e l’emendamento presentato in Regione”. Se può essere comprensibile dal punto di vista mediatico, a livello d’immagine sembra il tentativo, un po’ goffo a onor del vero, di schivare il problema. Si naviga a vista…

La riunione della direzione toscana dei dem, rigorosamente da remoto (via Zoom), segna la fine del silenzio imbarazzante del primo partito della sinistra dopo lo scoppio dello scandalo sui fanghi delle concerie. A prevalere è il garantismo: viene ribadito che tocca ai magistrati il compito di fare chiarezza. La grave accusa di corruzione (legata all’emendamento che alleggeriva i gravami per le concerie) deve essere dimostrata e non spetta al partito “fare processi”. La questione politica del “favore” tramite emendamento rimane in bella evidenza ma non viene affrontata. Qualcuno prova a stimolare l’autocritica, ma è solo una sparuta minoranza (fra questi il consigliere regionale Iacopo Melio: “Siamo stati sudditi delle imprese. Un partito coraggioso deve affrontare di petto il tema della trasparenza e del rapporto con le imprese”. I dem pisani paragonano il Pd a “un pugile suonato all’angolo, abbiamo avuto la necessità di tempo per rifiatare, per riprendere il vigore e la lucidità perduta”. E ancora: “I tempi sono stati lunghi, forse troppo” e hanno “alimentato un senso di smarrimento e sfiducia”. Po riconoscono che bisogna “capire se e dove ci siano state sottovalutazioni, mancati allarmi, scelte sbagliate o errori di valutazione dovuti all’abbassamento dei livelli di guardia”, e assicurano di voler tenere le “antenne alzate” per evitare che vi possano essere rapporti opachi fra le imprese e la criminalità.

Ma in soldoni tutti questi discorsi in cosa si traducono? Bonafè apprezza la commissione d’inchiesta varata dal Consiglio regionale della Toscana e il rafforzamento dell’osservatorio sulle legalità, e tutti concordano sulla necessità di ampliare i controlli e garantire maggiore trasparenza sui dati raccolti. Intanto, però, i cittadini sono ancora in attesa di sapere se possono dormire sonni tranquilli, dopo che si è scoperto che molte schifezze anziché essere trattate come prevede la legge (e il buon senso) sono finite interrate nei campi e sotto le strade.

 

Foto: Facebook (Simona Bonafè)

1 Comment

  1. dr.Strange Reply

    se la magistratura riesce ad insabbiare pure questa porcata la Toscana è peggio della Guinea Bissau

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