In questi giorni si è parlato di un emendamento, approvato dal Consiglio regionale della Toscana, che avrebbe favorito le concerie, alleggerendo la loro posizione nello smaltimento dei rifiuti. Stiamo parlando della ormai famosa inchiesta della Dda di Firenze che vede indagate decine di persone tra imprenditori, funzionari, politici e persino uomini legati alla ‘ndrangheta. Secondo gli inquirenti questo gruppo di persone, agendo in modo sinergico, avrebbe aiutato le concerie a smaltire gli scarti di lavorazione delle pelli in modo illecito, in barba alle regole che tutelano l’ambiente e la salute dei cittadini. Indagati anche il capo di gabinetto della Regione, un consigliere regionale e un sindaco.

Ma torniamo all’emendamento. Nel maggio 2020 il Consiglio regionale discute su una legge in materia di “scarichi industriali e restituzione delle acque”. Secondo gli inquirenti i conciatori si sarebbero adoperati per far approvare un emendamento volto a fare in modo che l’impianto di depurazione “Acquarno” venisse escluso dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale”. A scrivere nero su bianco quell’emendamento è un avvocato, Alberto Benedetti (indagato), per conto dei conciatori. Il testo viene recapitato a un consigliere regionale, Andrea Pieroni (Pd), che lo presenta in Consiglio. Quest’ultimo è indagato per corruzione: avrebbe ottenuto l’impegno ad un contributo in vista della campagna elettorale. Un dettaglio importante: l’emendamento non viene presentato alla commissione legislativa, in vista della preparazione finale del testo da approvare, ma nell’ultima seduta di discussione. Come scrive il quotidiano Domani l’emendamento è presentato il 26 maggio da Pieroni e altri tre consiglieri regionali (che non figurano tra gli indagati). Presentato direttamente al presidente del Consiglio, Eugenio Giani, attuale presidente della Regione. Di fatto, secondo i magistrati, viene approvato “senza che di esso ne venisse fatta effettiva illustrazione del contenuto alle opposizioni”. Accusa, questa, di per sé molto grave.

Tecnicamente i testi degli emendamenti in discussione vengono distribuiti a tutti i consiglieri, affinché possano prenderne visione e studiarli. Quando si arriva alla discussione del “famoso” emendamento, scrive Domani, Giani rientra in aula e alle opposizioni che chiedono di sapere come sia stato presentato risponde: “Ho qui il testo fin dall’inizio della cosa, è tra gli incartamenti che ho qui nella mia cartellina. Lo metto in votazione”. Un ex consigliere del M5S, Giacomo Giannarelli, rivela: “Mi sembra di riconoscere la mia voce (dal video della seduta consiliare, ndr) dicevo ‘dove sta questo emendamento, noi non lo abbiamo’. Noi avevamo annunciato voto a favore, ma alla fine, proprio per quell’emendamento, ci siamo astenuti”.

L’emendamento venne approvato. Poi la legge regionale è stata impugnata dall’allora ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, davanti alla Corte costituzionale. Proprio per quell’emendamento, che a suo dire avrebbe aperto la strada a una “gestione non solo economicamente non efficiente, ma finanche contrastante con gli obiettivi di tutela ambientale”.

Aggiornamento – Il presidente Giani chiarisce che l’emendamento, dato che non aveva riflessi sul bilancio, poteva essere presentato direttamente in Consiglio senza preventivo parere da parte della Commissione.

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