Paolo Lazzari

Sfibrato, incredulo, ma ancora munito della voglia di non deporre le armi. Filippo Giambastiani, il titolare dello storico bar Tessieri – un basamento incastonato nel ventre un tempo pulsante di Lucca, in via Santa Croce – proprio non ci sta. Venerdì scorso, infatti, si è consumata una scena che lui stesso – e non soltanto – affresca come surreale. Il verbale staccato dai vigili urbani del centro storico a fronte della consumazione e del riposo all’interno del locale da parte di due ragazzi affetti da sindrome di Down, accompagnati dalle rispettive madri, resta infatti materia incandescente, destinata a far detonare un dibattito ben lungi dal suo epilogo. Così ci siamo fatti raccontare la versione di Filippo, chiedendogli di allungare lo sguardo anche oltre le contingenze.

Filippo, in relazione all’ultimo accadimento, che cosa ti aspetti da parte del Comune di Lucca? Vuoi raccontare anche a noi la tua versione nel dettaglio?
Certo: venerdì scorso (9 aprile, ndr) sono passate due mamme con due ragazzi portatori di sindrome di Down. Uno di loro si sentiva poco bene, aveva bisogno di sedersi, di usare il bagno e mangiare qualcosa perché accusava un calo ipoglicemico. Per questo non ci ho visto nulla di male e li ho fatti accomodare nella saletta sul retro del mio Bar, per fornire loro assistenza. Dopo poco, su segnalazione di qualcuno, sono arrivati i vigili: si sono fermati all’ingresso, non hanno notato nulla di strano e stavano per andare via. Io, per correttezza e onestà ho voluto comunicargli che stavo temporaneamente ospitando alcune persone che versavano in evidenti difficoltà. Loro a quel punto sono entrati e di fronte all’evidenza delle cose hanno comunque steso il verbale, con annesso il provvedimento di chiusura dell’attività per 5 giorni. Adesso mi aspetto che il Comune intervenga annullando tutto, rendendosi conto di quello che è stato fatto, ma sinceramente non ci spero troppo.

Cosa chiedete, invece, a livello nazionale? Come si esce dallo stallo di questa situazione logorante dal punto di vista economico e morale?
Le cose stanno così: chiediamo la riapertura immediata, siamo stanchi di questi pochi spiccioli che ci erogano e vogliamo lavorare. Le perdite sono enormi per tutte le categorie: devo confessare che sono rimasto particolarmente deluso, per quel che concerne Lucca, dal fronte dei bar e dei ristoratori, cui appartengo. Non c’è stato un minimo di unione, di aiuto reciproco, ognuno ha fatto per conto suo, comportandosi spesso da delatore nei confronti degli altri: una sorta di guerra nella guerra, un autentico scontro tra disperati che non ha portato a nulla di buono. Adesso credo che questo stallo si potrà sbloccare soltanto a livello europeo: bisogna rendersi conto che l’intenzione globale è quella di resettare tutto rispetto ad un’economia che era arrivata al collasso.

Immagina di essere tornato alla vita “normale”: cambierà il tuo approccio al lavoro? Se sì, come?
L’approccio sta già cambiando radicalmente. Oggi mancano la voglia e la speranza da parte nostra, ma non vogliamo arrenderci. Anche i clienti sono bloccati in una situazione che io definisco di dittatura sanitaria. È necessario che tutte le attività economiche sveglino queste coscienze, perché così non è più possibile continuare.

A livello globale, cosa pensi che serva a Lucca per potersi dare uno slancio da qui al 2030?
L’amministrazione attuale non ha fatto nulla per noi, non si è mai vista in tutta questa situazione pandemica, il sindaco è stato assente, mentre altri primi cittadini hanno fatto tutto quello che era nelle loro possibilità per dare il loro contributo alla comunità. Il rinnovamento? Credo che debba iniziare dalle persone. Per ripartire davvero abbiamo bisogno di profili di spessore, gente che ha dimostrato con i fatti di saper fare il proprio lavoro. Questo è il momento delle competenze al servizio della città. Ecco, Lucca ha bisogno di risorgere ripartendo dall’arte di cui è da sempre intrisa e con iniziative strutturate e costanti che mancano da troppo tempo.

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