Un traghetto è appena partito dal porto di Livorno, diretto a Olbia. A bordo ci sono 76 passeggeri e 64 membri dell’equipaggio. È una tranquilla serata il 10 aprile 1991. Alle 22.25 si scatena la tragedia, dopo una collisione tra il traghetto e una petroliera. Dallo squarcio che si apre sulla petroliera Agip Abruzzo esce il petrolio, poco dopo una scintilla scatena l’inferno. Nell’incendio, che divampa a bordo del traghetto Moby Prince, muoiono 140 persone. Si salva solo una persona, Alessio Bertrand, 23 anni, il mozzo del traghetto. Ancora oggi, dopo 30 anni, rivive quel dramma con un senso di colpa: “Le immagini di quella notte mi passano di continuo davanti agli occhi, non trovo pace”, raccontò al Tirreno nel 2011.

Ma ripercorriamo brevemente la sua esperienza di quel maledetto 10 aprile 1991. La nave alle 22.03 salpa dal porto di Livorno e lui, dopo aver portato la cena (dei panini) ai cinque ufficiali impegnati nella plancia di comando, torna nella saletta tv, a poppa, per vedersi un pezzo di partita: quella sera giocano Juventus e Barcellona, in Coppa delle Coppe. L’impatto con la prua della petroliera è forte: le lamiere della Moby Prince penetrano come un coltello nel burro nella cisterna numero 7 della petroliera, che contiene circa 2700 tonnellate di petrolio. Drammatico l’allarme lanciato dal marconista dal proprio trasmettitore Vhf portatile alle ore 22:25: “Mayday Mayday Mayday, Moby Prince Moby Prince Moby Prince, Mayday Mayday Mayday, Moby Prince! Siamo in collisione, siamo entrati in collisione e prendiamo fuoco! Siamo entrati in collisione e prendiamo fuoco! Mayday Mayday Mayday, Moby Prince, siamo in collisione ci serve aiuto!”.

Il mozzo Bertrand, dopo aver tentato disperatamente di darsi da fare, coordinando i soccorsi e aiutando chi stava peggio di lui, si mette in salvo aggrappandosi disperatamente ad una ringhiera di poppa. L’errore più grande che avrebbe potuto fare, gettarsi in acqua, fortunatamente lo evita: il petrolio già abbondante in acqua, infatti, avrebbe reso vano ogni suo sforzo. Un’ora e venti minuti dopo, arrivati i soccorsi, lo troveranno avvinghiato a quella ringhiera, disperato, solo in mezzo ai rottami fumanti, al fumo e ai morti. Nel frattempo i membri della petroliera Abruzzo, trenta persone, si erano messe in salvo tramite una lancia.

A distanza di trent’anni ci sono ancora diversi lati oscuri. Perché nessuno, in Capitaneria di Porto, sentì quel Mayday? Perché si accorsero così tardi della tragedia e che la petroliera non aveva urtato una bettolina ma un traghetto di 130 metri pieno di persone? C’era o non c’era la nebbia quella sera, di cui qualcuno parlò? La cosa incredibile è che, come accertato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Silvio Lai,  se i soccorsi fossero arrivati in tempo, non concentrandosi solo sulla petroliera, oltre al mozzo altre persone presenti sulla Moby Prince si sarebbero potute salvare.

3 Comments

  1. Niente di nuovo. Come in tutte le stragi in Italia la verità conosciuta è quella voluta dal potere (in genere di sinistra) e dopo decenni sarebbe meglio non perdere più tempo ed occuparsi, seriamente, dei problemi odierni, vedi il caso Palamara.

  2. dr.Strange Reply

    gira voce che alla capitaneria di porto di Livorno stessero guardando una partita e quindi avessero staccato il resto per non essere disturbati. corre voce che anche l’equipaggio stesse guardando una partita ed avesse messo il pilota automatico. fantasia?

  3. investigator113sdd Reply

    ricordo che si parlava della presenza di navi americane nel porto di Livorno, che era in corso un trasbordo di esplosivi e armi, Non è che un imprevisto nell’operazione di scarico abbia urtato il traghetto, oppure qualcuno ha notato qualcosa di illegale, una piccola betoniera arrivata a velocità nel porto abbia provocato l’Incidente? in seguito pare che questa betoniera si trovasse lì per caricare armi ed esplosivi direzione Somalia E’ ovvio che oggi ancora non si conosce la verità quando ci sono di mezzo gli americani, vedi pure il caso Alpi…

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