Si fa presto a dire rispetto della privacy. Con la trovata dei “sacchetti rossi” contenenti i rifiuti delle persone positive al Covid viene meno tutto. Perché è come appendere un cartello fuori dalla porta con la scritta “qui abita un malato”. Non si era detto (non c’è scritto nelle leggi) che la salute rientra tra le informazioni che devono essere tutelate dalla riservatezza? E allora perché mettere una “targa” a chi ha già avuto la sventura di beccarsi il Covid e, magari a fatica, cerca di uscirne senza troppi danni? I sacchetti, come indicato dai gestori di alcuni servizi di raccolta rifiuti, vanno lasciati fuori dalle porte di casa, debitamente chiusi con delle fascette ad hoc (quelle usate dagli elettricisti, per intendersi). Ovviamente se il rifiuto “pericoloso” viene messo fuori dal portone di un palazzo con decine di abitanti il problema privacy non si pone. Ma nelle case singole è evidente che il positivo sarà, giocoforza, chi abita proprio in quella casa, a meno che uno non si metta a portare i rifiuti davanti alla casa di un’altra villetta. Aspre le polemiche in Toscana.

L’azienda Alia Servizi Ambientali, che gestisce la raccolta dei rifiuti a Firenze, Prato e Pistoia, fa sapere che nessuno fino ad ora si è lamentato: “Nessuno degli utenti in quarantena – si legge in una nota – ha mai contestato problemi di privacy, ritenendo molto più importante avere il servizio”. Sembra tutto sotto controllo. “Attualmente abbiamo 14.500 utenti nei 58 comuni serviti a cui viene effettuato il servizio (gran parte con esposizione stradale, una piccola minoranza con servizio al piano per impossibilità di scendere o causa sintomi gravi). Quasi tutte le utenze sono domiciliari – prosegue Alia – nel senso che rispetto al passato le Rsa hanno pochissime richieste. Normalmente quasi tutti i sacchi rossi in primissima mattina sono raccolti: gran parte di quelli presenti fuori orario sono dovuti ad errate esposizione (sia per l’orario che per il giorno) ma se lo sappiamo cerchiamo di raccogliere il prima possibile”.

Del caso nei mesi scorsi si è occupata anche Federprivacy. “La questione delle criticità della raccolta dei rifiuti porta a porta non è un tema affatto nuovo, ed era già stato affrontato in passato dal Garante per la protezione dei dati personali, quando il problema era sempre il colore dei sacchetti. Già nel 2005, l’Autorità era infatti intervenuta sull’obbligo introdotto da alcuni comuni di far utilizzare ai cittadini sacchetti dei rifiuti trasparenti o con etichette adesive nominative per la raccolta “porta a porta”. È vero che il Garante vietò tale modalità, ma d’altra parte nel suo provvedimento generale aveva anche individuato delle possibili alternative per non rendere platealmente identificabili gli interessati, come l’utilizzo di codici a barre per contrassegnare i sacchetti, o ricorrendo a microchip o a etichette intelligenti (Rfid) che potevano evitare controlli indiscriminati o ispezioni generalizzate dei rifiuti. Questo nuovo caso riguardante la raccolta dei rifiuti porta a porta lascia quindi perplessi sulle valutazioni che possano aver indotto la società toscana ad accantonare frettolosamente il diritto alla privacy dei cittadini in nome del Covd-19, quando sarebbe stato possibile trovare soluzioni meno invasive”.

Lo scorso dicembre c’era stata qualche polemica per alcuni sacchetti rossi rimasti diversi giorni per strada. “Li vediamo lì per giorni e giorni – denunciarono dal Comitato San Jacopino di Firenze – abbandonati in strada senza che nessuno di Alia passi a prenderli”.

3 Comments

  1. quindi qualcuno/a è stato scoperto essere contagioso e non deve saperlo nessuno? Poi ci domandiamo come mai non ci saltiamo più fuori

  2. Mi dispiace ma non sono d’accordo. Riceviamo centinaia di telefonate, e-mail, e comunicazioni postali, il tutto non autorizzatom in barba a tutte le direttive privacy e nessuno fa niente. Invece non devo sapere che la famiglia dei iei dirimpettai è contagiata? Magari escono anche da ammalati, toccano le porte dell’ascensore, i pulsanti, le maniglie del portone, i mancorrenti delle scale e tutto il resto e io non devo saperlo per poter adottare misure ancora più severe del solito? Non diciamo sciocchezze, non si vuole la caccia all’untore, ma la salvaguardia dei non contagiati

  3. Privacy? Ma stiamo scherzando? Capirei per uno che soffre di una disfunzione erettile; si vergognerebbe e verrebbe forse deriso. Ma … malattia contagiosa e pericolosa … TUTTI devono sapere! Altro che privacy!

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