Guido Martinelli

In questo frangente pandemico cosi drammatico assurge a gran valore morale e sociale il senso di solidarietà e lo spirito volontario di aiuto del prossimo. Il mondo del volontariato, peculiarità tipicamente italica, è infatti determinante nella nostra società in momenti difficili e dolorosi come gli attuali in cui dobbiamo stringerci veramente “a coorte”, come suggerisce da secoli il nostro amato inno. Per questo ho ritenuto importante fermare l’attenzione intorno a un libro appena pubblicato su questo variegato mondo, grazie al suggerimento di un amico operante nel settore. Mi riferisco a “Scelte coraggiose. Come il volontariato ha cambiato l’Italia“, scritto da Giuseppe Di Colo, segretario regionale Aido, Associazione Italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule, edito grazie ad un contributo associativo. Sono andato alla ricerca dell’autore per uno scambio di vedute sul libro.

Buonasera signor Di Colo, intanto complimenti per il suo ottimo lavoro, che ho letto tutto d’un fiato. Quando e come è nata l’idea per questa pubblicazione?
La ringrazio per l’apprezzamento. L’idea è nata circa tre anni fa, poi per alcune mie traversie familiari, sono riuscito a concluderlo da poco.

Intanto, come sempre in questi casi, la invito a presentarsi ai nostri lettori.
Sono nato a Vecchiano il 24/5 del 1944, sono laureato in Scienze Politiche e ora sono un pensionato delle ferrovie. Mi sono dedicato a questa tematica perché sono stato uno dei fondatori delle sedi Aido di Volterra e di Pisa nell’aprile del 1978. Tutto nacque perché, avendo cognizioni informatiche, fui invitato dall’associazione a realizzare un piccolo programma per la registrazione dei dati, e siccome rimasi colpito dalle tematiche decisi di saperne di più.

Perché nasce questo libro?
Per colmare la lacuna dell’assenza di pubblicazioni sull’Aido. Noi siamo una grande associazione, con un milione e mezzo di iscritti in tutta la penisola, purtroppo sconosciuta a molti. Così è emerso il mio desiderio di descrivere l’intero percorso che, per esempio, ci ha portato a sfiorare gli undicimila iscritti in tutta la provincia di Pisa.

Giuseppe Di Colo, segretario regionale Aido Toscana

Di cosa si occupa l’Aido?
L’Aido chiede alle persone di lasciare i propri organi, quando purtroppo non esisteranno più, perché per alcune patologie c’è bisogno solo del trapianto: o quello o si muore. Noi chiediamo un atto di minimo coraggio ma abbiamo sempre avuto enormi difficoltà a convincere le persone. Le maggiori adesioni le abbiamo ricevute, e in modo crescente, dai giovani, specialmente dalle studentesse universitarie. Il mondo del lavoro, del commercio, ci è stato tradizionalmente estraneo, se non contrario.

Tornando al libro, quando ha iniziato a scriverlo e come è strutturato?
Ho iniziato a scriverlo circa tre anni fa, e purtroppo, per gravi motivi familiari cui accennavo prima, ho dovuto interromperlo per riprenderlo solo negli ultimi mesi. Il libro si divide in due parti. Nella prima si parla della storia dell’Aido di Pisa attraverso le testimonianze e gli esempi di persone, senza inserire niente né di inventato né di alterato rispetto al reale. Ho invitato queste persone a descrivere la loro esperienza con la nostra associazione e ho trascritto le loro email, lasciando intatte anche certe sgrammaticature per non privarle degli accenti di verità che emanavano. Nella seconda parte, essendo l’Aido un’associazione di volontariato, ho voluto parlare di questo mondo di gente così ben disposta verso gli altri, in questo momento di crisi che sta attraversando dentro in questo mondo così cambiato dove la socialità viene vissuta in altro modo rispetto al passato. Mi piacerebbe, in questo modo, anche invitare tutte le associazioni di volontari ad attuare un approfondita riforma interna, nella speranza anche di convincere un numero crescente di giovani a prendere parte a questo grande movimento di persone.

Nel suo lavoro ho trovato molto interessante e ben curato l’inserimento della storia del volontariato all’interno della storia patria, dalla sua nascita ai giorni nostri, e mi è sorta una curiosità: quali effetti virtuosi produce il volontariato nella società?
Deve sapere che tempo fa rimasi molto colpito da uno studio del professore universitario di Parma, Lasagni, che studiando il mondo del volontariato nelle realtà locali si è reso conto, documentandolo, che là dove c’è una maggiore partecipazione nelle associazioni volontarie diminuiscono contemporaneamente alcuni reati contro la persona come furti in casa e di automobili nonché danneggiamenti in genere. Praticamente il volontariato favorirebbe una maggiore coesione sociale. Certo, in luoghi molto disgregati è arduo raggiungere certi risultati, ma è anche vero che ostacolare il volontariato porta a ricadute negative nella società.

Una riunione all’Aido di Pisa

Ho notato, leggendo questa felice seconda parte del suo libro, che nel volontariato c’è sempre stata storicamente l’eterna divisione nostrana tra mondo laico e cattolico, con associazioni di diversa estrazione che partono da premesse ideologiche opposte ma si trovano ad operare nello stessa identico modo.
Esatto. È ancora una conseguenza del nostro risorgimento. L’Unità d’Italia, innervata da aneliti anticlericali, è stata realizzata togliendo alla Chiesa i suoi possedimenti; poi c’è stata la parentesi del Fascismo che ha abolito il volontariato e tutte le associazioni del settore, compresi i boy scout, sono confluite nelle organizzazioni fasciste. Finita la seconda guerra mondiale, fino al 1948, si è registrata una calma apparente interrotta dall’attentato a Togliatti che ha risvegliato l’anticlericalismo del secolo precedente, sia pur in maniera meno violenta. La scena, da quel momento fino alla famosa Tangentopoli venuta dopo la fine della “guerra fredda”, è stata dominata dai due partiti principali, DC e PCI. Cadute le ideologie le persone si sono sentite perse, e ora non c’è un grande sistema di riferimento come il precedente, così le persone si allontanano dal volontariato. Se poi ci aggiungiamo la crisi economia e il Covid ci rendiamo conto come, praticamente, questo mondo rischi di scomparire.

Che ne pensa lei di chi sostiene che questa nuova emergenza pandemica possa invece riportare in auge valori come la solidarietà e il desiderio di aiutare gli altri in difficoltà?
Penso sia possibile, ma in forma diversa. Bisogna intendersi con le parole. Adesso il volontariato è in crisi, ma in questi ultimi tempi è aumentata la generosità. Le persone si rifiutano di impegnarsi in modo continuativo nelle attività di un’associazione, ma sono molto disponibili verso casi singoli quando vengono proposti. Basta considerare come grandi associazioni come quelle anticancro raggranellino milioni e milioni di euro, mentre nelle altre associazioni non c’è un’analoga partecipazione, che al massimo resta solo occasionale. Sono nuove modalità che stanno nascendo, con pregi e difetti.

Nei momenti tragici di questa pandemia qual è stato e quale continua ad essere il ruolo del volontariato?
Resta fondamentale e bisogna, per questo, lodare tutti. Non si sono fermate le autoambulanze piene di persone non pagate che hanno agito e agiscono solo con intenti altruistici. A Pisa sono aumentati i donatori di sangue, anche se, purtroppo, le nuove patologie impongono sempre più sangue per cui, nonostante le donazioni, il sangue scarseggia sempre. E questo è un altro problema irrisolvibile. Purtroppo ci sono stati tanti fatti che vanno verificati nella realtà. Per esempio, mai come quest’anno ci sono stati così tanti senza tetto morti in strada per il freddo poiché i dormitori pubblici, a loro riservati da sempre, in rispetto alle nuove norme previste dai Dpcm, hanno ridotto le disponibilità.

In questo quadro, che lei pare aver ben chiaro, quali sono le prospettive e le speranze per il volontariato a medio e lungo termine?
Le speranze, anche a breve termine, innanzitutto risiedono nella possibilità che ci siano delle fusioni fra le associazioni di volontariato, perché certe distinzioni non hanno più senso. Per esempio, spero che Avis e Fratres, Pubblica Assistenza e Misericordia, provino ad unirsi, dato che pur con ideali di partenza opposti perseguono le stesse finalità con identici metodi. In questo modo si potrebbero diminuire le spese e raddoppiare le forze. In quanto al nuovo mondo che nascerà, soprattutto dopo questa tragedia pandemica, le nuove tecnologie avranno, nel bene e nel male, un impatto enorme. Esse hanno allontanato tanti volontari, dato che una buona parte di loro è in età avanzata per cui rifiutavano e rifiutano l’uso di mezzi tecnologici come tablet e pc, per loro estranei. Vedremo con i nuovi adepti, più giovani, come si svilupperanno le attività. Dovremo anche verificare cosa faranno e diranno le leggi. Non c’è una linea vincente né perdente ma solo una da definire e scoprire.

Mi sembra di capire dalle sue parole che ci siano attualmente carenze dal punto di vista legislativo limitanti l’azione del volontariato che andrebbero colmate, o sbaglio?
Dice bene, ci sono eccome. Ad esempio, in un ambito che conosco meglio, quello dei trapiantati, c’è da domandarsi: una persona trapiantata di fegato è un invalido o non è un invalido? Prende il sussidio o no? E lo stesso si può dire per altre tipologie di trapiantati come quelli del rene. Fino a pochi anni fa, per il trapiantato era un problema rinnovare la patente. La scienza sta andando così forte che non è recepita dal legislatore in tempi immediati. Non è che il legislatore sia cattivo, ma siccome tutto cambia tutto troppo velocemente è difficile stare al passo.

Questo libro, così pieno di spunti interessanti, in quante copie è stato stampato?
Le copie stampate fino ad ora sono poche, 130, ma pensiamo a una seconda edizione. Attualmente si trova nella sede dell’Aido di Pisa, in Piazza Vittorio Emanuele II al numero 18 (050/2200482 – email:toscana@aido.it). Chi vuole può averlo, con un piccolo contributo, tipo otto-dieci euro, per permetterci di rientrare nelle spese di edizione. Mi piaceva, infine, ricordare che una delegazione dell’Aido è stata ricevuta da Papa Francesco il 18 Aprile 2019, ed anch’io ne facevo parte. Un’altra cosa importante ci terrei a sottolineare…

Prego…
Ho chiesto ai rappresentanti pisani delle principali religione di esprimere la loro personale opinione sulla donazione di organi post mortem, devo dire che tutti hanno dato risposta positiva.

Perdoni la curiosità, chi è l’attuale presidente dell’Aido di Pisa?
Si chiama Rocco Sergi, mentre il Consiglio Direttivo è composto da otto persone. Chi presiede i lavori nella nostra regione è Massimiliano Grimaldi, di cui sono il segretario. Tengo a precisare che nessuno di noi è medico per la scelta, fatta a suo tempo, di non ospedalizzare questa nostra associazione, cui dedichiamo tanto tempo con grande passione nell’intento di convincere più gente possibile ad aderire ai nostri valori e disegni.

Complimenti per la vostra generosa opera e auguri di buona riuscita dei vostri nobili intenti.
Sono io che vi ringrazio per l’attenzione che ci avete dedicato e invito tutti a seguire le nostre azioni.

Mi preme, a conclusione di questo breve e interessante incontro, ricordare chi ha aiutato il signor Di Colo nella stesura del suo libro, che narra di uomini generosi e coraggiosi. Mi riferisco ad Alessia Amadei e Valentina D’Isola. Doveroso menzionare pure le persone alla cui memoria l’autore ha voluto dedicare la sua opera: Carlo Massai, Federico Finozzi e Manrico Mazzoni. E le parole di Herman Hesse, che l’autore cita alzando il sipario sulla sua così valida fatica letteraria, mi sembrano il suggello finale più consono alla bisogna: “La vita di un uomo puro e generoso è sempre una cosa sacra e miracolosa, da cui sprigionano forze inaudite che operano anche in lontananza”.

Cena organizzata dall’Aido di Pisa (foto scattata prima dell’emergenza Covid)

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