La crisi si fa sentire sempre più forte, sommata all’incertezza per il futuro causa Covid. Tante, troppe imprese sono a rischio chiusura. Ma prima di essere costrette ad abbassare per sempre le serrande tentano l’ultima carta per farsi sentire dal governo: lo sciopero fiscale. Confcommercio Toscana (50mila imprese) invita i propri associati a non pagare le tasse, statali, regionali o comunali. Una protesta forte, clamorosa, che nasce da una situazione di disagio estrema, disperata. “Come sistema toscano di Confcommercio – dice Federica Grassini, presidente Confcommercio Provincia di Pisa – abbiamo scritto una lettera al nostro presidente nazionale Sangalli con la richiesta di far valere le nostre ragioni di fronte ad un governo evidentemente disinteressato alla imminente liquidazione di migliaia di imprese del terziario, impossibilitate per legge a lavorare, e quindi a fatturare e a incassare. Peccato che il governo non si è preoccupato di fermare i costi delle nostre aziende, che invece continuano a correre inesorabilmente”. Già, perché a fronte degli incassi azzerati ci sono le tante spese da onorare, tutt’altro che congelate.

“Oggi che non abbiamo ormai più risorse – prosegue Grassini – preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori, piuttosto che versare gran parte del frutto dei nostri sacrifici nelle casse di uno Stato che ha decretato il nostro fallimento, senza tutela né rispetto. La situazione è davvero paradossale – prosegue – perché al di la dei cosiddetti ristori, appena sufficienti a pagare qualche bolletta, non ci è stata concessa neppure la sospensione dei contributi. Alziamo la voce e faremo di tutto per evitare la liquidazione definitiva, perché non si può cancellare in questo modo una intera economia, ben 23 mila imprese provinciali del commercio, del turismo e dei servizi (su un totale di 44 mila) che da sole producono 8 miliardi e 800 milioni di Valore Aggiunto, pari al 74% del Pil prodotto da tutto il sistema economico pisano e garantendo occupazione per oltre 75 mila persone”.

Rincara la dose Anna Lapini, presidente regionale di Confcommercio: “Noi che abbiamo chiesto sempre e soltanto di poter lavorare al servizio dei nostri clienti e delle nostre città, ci troviamo oggi nell’impossibilità di farlo per motivi non certo imputabili a nostre responsabilità”. Ma guai a pensare che vuole essere una scusa per evadere o eludere le tasse:  “Noi le tasse le paghiamo”, spiega Sergio Agnelli, responsabile area fiscale Confcommercio. “Molti bar, ristoranti e negozi rimangono aperti perché se chiudessero finirebbero male. Un altro dei nostri problemi infatti sono i debiti contratti con le banche visto che i nostri bilanci sono messi male”.

“Il nostro sciopero fiscale è riconosciuto dalla Costituzione”, spiega Franco Marinoni, direttore regionale Confcommercio. “Abbiamo fatto le verifiche con legali e fiscalisti. Si tratta di una azione di protesta collettiva che rientra nell’ambito dei diritti di cui agli articoli 18 (diritto di libera associazione), 21 (di libera manifestazione di pensiero), 39 (di libera organizzazione sindacale) e 40 (diritto di sciopero). Sempre in base alla Costituzione sarebbe compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Ma quanti soldi rischia di perdere lo Stato a causa di questo sciopero fiscale? Tanti, se consideriamo Irap, Ires e Irpef, la cui scadenza è il 30 novembre. Ma ci rimetterebbero un po’ anche le Regioni (con l’Irap) e i Comuni (Tari e Imu). Parliamo di tanti soldi perché le scadenze di fine anno rappresentano circa la metà di imposte e tributi che le imprese devono pagare nell’arco di un anno. Con quei soldi, dicono le imprese, verrebbero pagati dipendenti e fornitori. Niente sciopero, invece, e pagamenti regolari per Iva, ritenuta d’acconto e imposta di soggiorno. 

Tasse e imposte oggetto di sciopero fiscale

Imposta regionale sulle attività produttive (Irap); Imposte sul reddito delle società (Ires); Maggiorazione IRES Società di comodo; Imposta per l’adeguamento dei principi contabili (Ias); Imposta sostitutiva per la rivalutazione dei beni d’impresa; Tassa annuale sui registri contabili; Imposta sostitutiva imprenditori e lavoratori autonomi regime di vantaggio e regime forfetario agevolato; Contributo Ambientale Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi); Imposte e dazi doganali; Tassa di iscrizione agli Albi professionali o all’abilitazione dell’esercizio professionali; Addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili Imposta sulle riserve matematiche di assicurazione; Tasse sulle persone fisiche; Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef); Tasse sull’istruzione Canoni su telecomunicazioni e Rai Tv; Imposte su giochi e lotterie; Imposte sui consumi di prodotti particolari; Tasse su auto e trasporti;  Bollo auto.

Foto: Confcommercio Pisa (Facebook)

7 Comments

  1. Lo sciopero fiscale dovrebbe essere nazionale,allora forse qualcosa da Roma si muoverebbe,è comunque un’inizio se altre regioni si uniranno al governo conviene darsela a gambe

  2. Commercianti evasori con redditi da fame poi hanno suv e case in montagna e al mare, finita la pacchia, per me potete fallire tutti, W Amazon!!!!!!!!!!

    • Una parte di commercianti è così una parte maggioritaria vivacchia, bisognerebbe stangare i furbetti. Anazon certo è comoda ma non aiuta i piccoli negozi

  3. Mamma mia Renato come sei ignorante,tu hai proprio capito tutto ?
    Amazon e’ l’azienda con piu’ evasione fiscale della terra,ha magazzini in ogni paese del mondo,dove sfrutta sistematicamente i lavoratori,ma le tasse le paga nei paradisi fiscali.
    Cornuti e mazziati

  4. Infatti Amazon paga meno de 3% , di tasse. Quando un qualunque dipendente privato o aziende pagano anche il 53%. Escludiamo i pubblici, che le tasse sono solo una partita di giro..

  5. Come sia possibile che esistano cosi tante persone senza testa in questo Paese, non si spiega. Il commerciante ( che fa comodo definire evasore, cosi oltre che cornuto è pure mazziato! ) paga tasse oltre il 60% del reddito. Amazon ( che è taaaaanto comodo ), le paga nei paradisi fiscali. Questo costringe i piccoli a dover pagare sempre più tasse o chiudere. Quando tutti i piccoli saranno definitivamente strozzati, finalmente chiederanno più tasse ai dipendenti ed allora saremo noi commercianti a farci una grassa risata ( e poi vedremo chi, trovandosi nei nostri infami panni di agnelli sacrificali che tanto lavorano per pagare i redditi di cittadinanza ai fannulloni invece che mettere il pane sulle nostre tavole ). Saluti e buone spese ON-LINE…

  6. Scusa Laura ma io alludevo ai grandi evasori mica a quelli dei negozi normali, mi sono spiegato male , massima solidarietà a chi fatica a tirare avanti e ha sempre pagato tutto!

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