Stefano Chimenti

“Se l’ho fatto io, lo può fare chiunque”, così rispondeva Pietro Mennea a chi gli chiedeva di commentare una delle sue tante imprese. “Un ragazzo del sud senza pista” come spesso si autodefiniva che, senza tanti clamori e pubblicità, faceva visita nelle scuole per raccontare ai giovani di porsi sempre degli obiettivi sfidanti e che “dalle sconfitte nascono le grandi vittorie” (riferendosi al deludente 4° posto delle olimpiadi di Montreal nel 1976 seguito dai 4 anni successivi dove stabilì il record del mondo, ancora attuale record europeo e giungendo fino alla medaglia d’oro olimpica di Mosca nel 1980).

È stato l’unico velocista al mondo a fare 5 olimpiadi: longevità atletica, purtroppo Pietro se n’è andato via troppo presto da questa vita, lasciandoci comunque un patrimonio culturale, di umanità e di integrità morale straordinarie. Poco più di un mese fa gli è stato dedicato un murales a Formia, città che lo ospitava durante i suoi allenamenti spesso solitari; restava anche d’inverno ad allenarsi al centro federale, anche in occasione delle festività.

Costanza, coerenza, legalità e integrità morale appunto: “La vita è una pista di 8 corsie: 7 sono per i furbi, ma l’ottava lasciatela libera a noi che vogliamo correre e vincere in maniera corretta” (citazione della moglie Manuela).

Chissà cosa direbbe oggi Pietro del nostro tempo, dello sport che si ferma per chi sì, per chi no. Di certo restano le sue parole che molti allenatori anche di altri sport dovrebbero seguire in momenti come questi, da diffondere ai ragazzi, agli atleti di livello. Valgono anche e soprattutto per noi cosiddetti sportivi che troppo spesso ci sentiamo al centro del mondo, minati dalla mancanza delle libertà individuali in periodo pandemico, privati dell’evento. Proprio per noi, che ci definiamo amatori.

“In questa cosiddetta società del tempo libero c’è chi va a caccia, chi a pesca, chi corre quel rito di moda che si chiama maratona dentro la città, un rito tra l’altro molto sponsorizzato, c’è chi va in palestra, chi a donne e chi nei casinò. Io invece ho scelto di correre, ma veloce, per un gusto appreso da ragazzo, quando sfidavo le motorette sui 50 metri, e che non mi è mai passato. Così abbandonata l’attività di atleta vincente, non ho saputo o voluto lasciare quello che per me è stato il divertimento di tutta una vita, l’allenamento. Ogni tanto c’è qualcuno nel parco che mi chiede (mentre corro e mi parla delle proprie imprese di corsa, ndr): e tu che fai? Vorrei avere abbastanza fiato per rispondere: ho già fatto. 5482 giorni, 528 gare, un oro e due bronzi olimpici, più il resto che è tanto. A 60 anni non ho rimpianti. Rifarei tutto, di più. La fatica non è mai sprecata, soffri ma sogni”.

È questo il compito più difficile per lo sport oggi, vittima di un autentico paradosso: riconoscerne il valore relativo e i suoi valori discendenti, confusamente mescolati in noi adulti e di conseguenza a digiuno nei nostri giovani dove un po’ di storia dello sport come materia propedeutica agli esercizi pratici non farebbe mai loro male.

Ecco, rileggere la storia dei campioni, dove sono nati, come sono cresciuti, le difficoltà che hanno attraversato, cosa hanno fatto nella loro vita, come hanno messo a frutto il loro talento sportivo, potrebbe essere una risposta, riportando il tutto nel giusto ordine e fine come ci ha insegnato Pietro Mennea.

Stefano Chimenti

 

Foto: Visit Formia (Facebook)

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3 Comments

  1. Michele Pirolo Reply

    A proposito di cultura sportiva,io a scuola(sono un docente di scienze motorie) ci sto provando cercando di far appassionare i ragazzi alla pratica sportiva aprendogli la finestra sui campioni dello sport,sulle storie meno conosciute ,su finanza e sport ,su organizzazione degli eventi,sugli ambienti ,stadi e palazzetti,dove si fa’ la storia.Il riscontro,ho iniziato da poco, è positivo per alcuni e noto partecipazione e desiderio di sapere oltre che di praticare sport.

  2. Carissimo Professore, chi è cresciuto seguendo il sogno di Mennea è diverso, nel giusto ordine sempre.
    Brucia dentro i veri atleti la nobiltà d’animo di Pietro Mennea, brucia e si nota!

  3. Mennea lo conobbi personalmente, lo ritrovavo spesso nelle sue venute nella capitale. Era così chiuso e oserei dire timoroso perfino della sua nomea. Mio figlio suo grandissimo fan sapeva le date del suo arrivo e mi chiedeva d’avvisare il direttore di scuola che poteva mancare alle lezioni. Facevano grandi e lunghe chiacchierate. Mennea era molto mammone, difatti la signora lo accompagnava, ma oltre a lei il personaggio che fece di lui ciò che fu è stato il suo allenatore, uomo giovane che mi fece chiamare chiedermi facoltà di allenare il mio ragazzo,lo vedeva come lui agile e rapido mi disse, ma mio figlio ha lo stesso carattere di Pietro, infatti la famosa frase non è sua ma del suo allenatore a cui mio figlio rispose di no. perché se io ti vedo puoi diventare come lui, mio figlio che vedeva Mennea un irraggiungibile si scandalizzò, magari per lui era tradimento detronizzare il suo idolo. come lui mai rispose. Lo decido io, “se lo ha fatto lui puoi farlo anche tu.” lo convinca signora, mi disse
    Non riuscii a convicerlo.

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