Paola Viegi

Pisa Repubblica Marinara, Pisa la dotta con le sue Università e Scuole Superiori, Pisa Centro di Ricerca Internazionale abituata ad affrontare le battaglie più difficili, oggi ne vive una davvero complicata: la lotta al coronavirus. Tutto è iniziato con una prima incredulità generale. Le abitudini, il tran tran quotidiano della nostra vita di pisani sempre pronti alla polemica e alla critica, l’azione politica con le sue contrapposizioni e l’attività amministrativa, gli sfoghi della nostra tifoseria, il lavoro, la famiglia, gli amici, lo stress che avevamo per far conciliare tutto, completamente stravolti da questo nemico subdolo e pericoloso, molto agguerrito, rappresentato come una innocua pallina con tante piccole braccia, ma impietoso.

I pisani, gente di mare, battagliera e anche un po’ prepotente, negli anni si sono spalmati in tutto il territorio provinciale andando così a “contaminare” i comuni vicini, ecco io sono una di loro. Ormai abito a San Casciano di Cascina da dodici anni, lì ho ritrovato molti cittadini come me, conosciuto nuovi amici, intessuto rapporti e nuove esperienze, ma ho sempre mantenuto il legame con la mia città scegliendo di continuare a lavorare ed operare a Pisa. Mai avrei pensato di vederci negato l’ingresso, la possibilità di vedere i nostri cari, eppure questo sta avvenendo e credo che sia uno degli aspetti più dolorosi e bui di questa emergenza.

Certo, è vero che ci sono gli smartphone, i computer che accorciano le distanze, ma tant’è quando si è costretti non diventa più un piacere, ora è una necessità. Mi si affaccia nella mente un ricordo dell’8 marzo 2020. A Pisa si comincia a realizzare che sta per abbattersi sulle nostre comunità una vera e propria mina vagante. Si inizia dapprima a chiudere le scuole, poi via via i centri aggregativi, le chiese, i negozi,comincio a vedere le prime mascherine sulle facce e la diffidenza verso chi si avvicina troppo o tossisce o starnutisce, sempre meno auto sulle strade. Avverto un brivido dietro la schiena, sta per accadere un cataclisma di portata mondiale che ci cambierà il futuro.

Ciò che si dava per scontato che ci rendeva annoiati ed insofferenti, le polemiche, i chiacchiericci, lo stress della vita moderna, volati via in un attimo. Son venti giorni che son chiusa in casa, faccio lo “smart-working”, il lavoro a distanza, una volta a settimana a fare la spesa e in farmacia, mi attengo scrupolosamente alle regole. Mi godo la famiglia è vero, mangio cosa mi pare in barba alla dieta. Pisa è un ricordo alimentato dalle descrizioni di mia madre, dei parenti ed amici che abitano in città, quando la sera al telefono ci sentiamo. Mi raccontano di una città deserta, le strade, gli scalini, le panchine, abitati e vissuti dagli spacciatori che ora agiscono indisturbati, bevono si ubriacano, pisciano vomitano e a loro volta si drogano… e mi vien da piangere pensando invece a tutti coloro che si stanno facendo in quattro per contenere l’epidemia. Il mio quartiere in mano a debosciati.

Quand’ero bambina mi piaceva pensare che all’improvviso la città diventasse deserta e che io potevo andare in giro ed entrare liberamente ovunque, vedere anche ciò che non era normalmente possibile visitare, e prendermi tutte le cose più belle, abiti soprattutto scarpe, giochi, bambole, i pattini ed il tutù, tenerli un po’ e poi rimetterli al loro posto. Camminavo nel mio sogno lungo Corso Italia tutta vuota, ogni porta però era aperta ed io entravo liberamente, nessuno mi fermava. Ecco, oggi è un po’ così, solo che i limiti giustamente imposti, non mi danno questo senso di libertà, anzi mi angosciano per cìò che nascondono dietro: prevenzione, prudenza, pericolo.

Passerà, mi dico e dico a tutti per tirarli su. E penso a come sarà bello tornare a fare le vasche in Corso Italia e in Borgo, a quando riapriranno le chiese e le campane suoneranno a Festa: San Martino, San Marco alle Cappelle, Sant’Antonio, San Paolo a Ripa d’Arno, San Michele in Borgo e alle Piagge, Santo Stefano, San Sisto ecc… ci troveremo, tutti i pisani, al Duomo e ringrazieremo la Madonna di Sotto gli Organi e San Ranieri, perché se ci si crede è meglio o come si dice noi… un si sa mai. E saremo davvero felici.

Paola Viegi

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