Non si sono ancora placata le polemiche, a Pisa, per i danni subiti da alcune scuole “occupate”. C’è chi apprezza il fatto che le organizzazioni degli studenti abbiano recitato il “mea culpa” offrendosi di ripulire e sistemare. Ma c’è anche chi si inalbera perché la frase più ricorrente che si è sentita pronunciare dai ragazzi è “noi non siamo stati”. Ovviamente non tutti gli occupanti sono teppisti-devastatori, però, come ricorda qualcuno che in passato si è fatto la “Pantera” (1989-1990), o altre esperienze ancora più datate, quando si “occupa” un istituto implicitamente ci si assume la responsabilità di ciò che accade all’interno.

C’è da sottolineare che anche nelle scuole esiste quella che si può definire “maggioranza silenziosa”: un gruppo di studenti, prevalentemente non organizzati, che ogni anno puntualmente subisce le occupazioni e le autogestioni. Al Liceo scientifico Dini di Pisa un gruppo di loro, come scrive La Nazione, ha alzato la voce per dire basta. E lo stesso è accaduto all’Alberghiero Matteotti, dove è stato forzato il blocco cacciando gli occupanti. La rivolta di chi vuole studiare è iniziata.

In una lettera alla preside, ai professori e al personale della scuola un gruppo di studenti del Dini sottolinea alcune cose importanti: “Occupazione vuol dire infrangere la legge, negare il diritto allo studio. È un atto di protesta estremo, che ha ormai esaurito ogni possibile alternativa. Non essendo stata inserita in un contesto di dialogo attraverso mezzi legali, questa occupazione ci sembra prematura e quindi inopportuna”. Ce l’hanno con quei ragazzi che da lunedì impediscono agli altri di fare regolare lezione. Ma sbaglierebbe chi pensasse che questi studenti non hanno coscienza critica e vogliono solo studiare. “Intendiamo avviare un dialogo costruttivo e non puramente critico – si legge nella loro lettera -. Intendiamo esprimere il nostro dissenso non tanto in merito alle motivazioni della protesta quanto alle modalità con cui è stata condotta, non essendo stata preceduta da attività (assemblee, riunioni pomeridiane, autogestione) volte al confronto sulle tematiche trattate nel comunicato di occupazione, da tentativi di dialogo con le autorità competenti, da manifestazioni o marce”. Nel loro comunicato gli studenti ammettono che “le motivazioni a sostegno dell’occupazione possono essere un interessante spunto di riflessione”. E aggiungono: “Vogliamo prendere parte anche noi alla lotta contro l’indifferenza”. Concludono però che “l’occupazione non è sentita vivamente dalla maggioranza degli studenti e vorremmo lanciare un appello a tutti coloro che sono rimasti indifferenti alla protesta, invitando alla riflessione e alla presa di posizione. Noi abbiamo deciso di farlo schierandoci contro questa occupazione, e ci chiediamo, e vi chiediamo, se il Dini possa essere anche altro rispetto a quello che occupa o a quello che tace”.

Giusta osservazione. Ci permettiamo di aggiungere che, trattandosi di studenti, la prima cosa che dovrebbe smuoverli è approfondire, conoscere e provare a ragionare con la propria testa. Poi anche protestare, se serve, ma non perché si deve fare per forza o lo dice (impone) qualcuno, senza conoscere neanche le ragioni per cui si fa. Infine, la cosa più importante che vorremmo ricordare ai ragazzi è questa: confrontatevi! Nessuno ha la verità in tasca.

Aggiornamento

Sulla pagina Facebook del Liceo Dini oggi, giovedi 30 gennaio, si legge: “Si comunica che, nella mattinata odierna, l’Istituto è stato lasciato dagli studenti occupanti. Dopo un debito sopralluogo non sono stati riscontrati danneggiamenti. Le lezioni riprenderanno domani 31 gennaio 2020 per consentire il completamento delle operazioni di pulizia e disinfezione dei locali, iniziate in data odierna. Si conferma altresì la sospensione di tutte le attività, sia mattutine che pomeridiane, per la data odierna”.

 

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