Renato Sacchelli

Da bambino vedere il presepe nelle chiese e nelle case della mia terra, la Versilia, mi ha sempre fatto provare belle sensazioni. Ricordo quando, insieme alla mamma e a mio fratello Sergio, visitai per la prima volta quello allestito nella chiesa di Vallecchia (Pietrasanta), l’antica Pieve di Santo Stefano. Era stato allestito utilizzando statuine vecchie di secoli e, proprio per questo, doveva avere un gran valore.

Ai tempi in cui frequentavo l’asilo Delâtre di Seravezza, in una fredda sera d’inverno vicina alle feste natalizie, appena sparecchiata la tavola della cucina annerita dal fumo del camino e scarsamente illuminata da una lampada a petrolio, mia mamma vi pose una scatola. La aprì e vidi che al suo interno erano state avvolte con minuziosa cura, nella carta di giornale, diverse statuine di gesso che sarebbero servite per allestire il nostro presepe. Le aveva acquistate in un negozio seravezzino. Rivedo i volti del babbo e della mamma e i bagliori sprizzanti dai loro occhi felici quando notarono che quel dono aveva riempito di gioia il cuore dei loro due bambini (gli altri due miei fratelli ancora dovevano nascere).

In quel periodo mio padre lavorava su una cava del Trambiserra. Quando a causa del maltempo, specie d’inverno, non poteva raggiungere il posto di lavoro, la mamma soffriva perché sapeva che senza i soldi guadagnati da mio padre non avrebbe potuto pagare la spesa che faceva ogni giorno per darci da mangiare. Fortunatamente i titolari delle botteghe segnavano su un apposito registro gli importi della spesa fatta dalle donne, annotando ovviamente anche la data. E appena i cavatori ricevevano la “quindicina” (si riceveva il salario ogni due settimane) andavano a saldare il conto. Si deve al credito fatto da queste piccole botteghe se negli anni della mia fanciullezza molte famiglie sono riuscite a sopravvivere dignitosamente. Mia madre per molti anni si servì della bottega di generi alimentari situata a Riomagno, gestita dalla signora Onorina e da suo marito, un invalido, non ricordo se del lavoro o di guerra.

Il bellissimo presepe ricevuto in dono mi ha sempre fatto pensare ai sacrifici che devono aver fatto i miei genitori per comprarlo, viste le loro ristrettezze economiche. Quando i tedeschi, nella tragica estate del 1944, fecero saltare in aria molti edifici di Seravezza (posta sulla famigerata Linea Gotica), vi era anche la nostra casa, in località Ponticello. Così anche il mio presepe finì sotto un cumulo di macerie, insieme ai nostri ricordi più belli.

Ho sempre pensato alla sacralità delle feste natalizie, per questo resto di stucco ogni volta che leggo le polemiche sui presepi negati o contestati nelle scuole o in altri edifici pubblici. Trovai incredibile, qualche anno fa, la notizia che un grande magazzino italiano avesse deciso di cessare la vendita delle statuine, quasi che quell’articolo, “passato di moda”, non fosse più desiderabile dai clienti. E rimasi addirittura allibito quando appresi che in una località vicina a Pordenone mani ignote avevano sottratto da un presepe la statuina di Gesù bambino, che fu ritrovata impiccata all’interno di un cimitero. Sono stato battezzato e credo nel Signore, anche se ho profondo rispetto nei confronti di chi professa religioni diverse da quella cristiana, o non crede affatto. Non mi piace però che in nome del principio sacrosanto della laicità si impediscano, come purtroppo è avvenuto, le benedizioni degli studenti (nei periodi di Pasqua o di Natale) all’interno di alcune scuole pubbliche. Credo sia una triste quanto inutile sopraffazione.

Chi professa la propria fede va rispettato. A maggior ragione tenuto conto che la fede, nel caso specifico, fa parte anche della nostra cultura (“non possiamo non dirci cristiani”, diceva Benedetto Croce). Auspico l’approvazione di una legge che tuteli chi, nel proprio Paese, intende continuare a festeggiare le antiche tradizioni popolari della nostra fede, che dovrebbero essere viste con piacere e rispetto anche dagli stranieri non cristiani che, per vari motivi, si trasferiscono da noi. L’integrazione parte dal rispetto. Che deve essere reciproco, senza che nessuno sia costretto, stupidamente, a negare la propria identità.

Renato Sacchelli

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2 Comments

  1. Vita Bruno Reply

    Grazie, Renato Sacchelli, per questo struggente articolo.
    Vivendo all’estero da 50 anni l’ho cercata su Google : i suoi libri devono essere molto belli, saranno sulla lista degli acquisti da fare la prossima volta che vengo in Italia.
    Per quanto riguarda il Presepio di quando ero piccola, rimase nel fango rilasciato dal’Arno nel novembre del ’66.
    Per anni non ci ho più pensato presa com’ero dai miei trasferimenti e il bisogno di adattarmi altrove. Ma dopo i 40 anni, cioè da 30 anni ho ricominciato… eppure sono, se non atea, quanto meno un’agnostica decisa. Un po’ alla volta, pezzo dopo pezzo, ora il mio presepe è largo 60 cm e lungo 3 metri, lo faccio anche quando sono sola e non scorderò mai quando i miei nipotini lo videro per la prima volta… gli occhi pieni di luce, la bocca socchiusa, la meraviglia muta di una scoperta fantastica. Ora mi aiutano a farlo e mi domandano se possono portare gli amici a vederlo e ogni volta rivedo la stessa luce negli occhi dei piccoli visitatori.
    Anche io sono amareggiata, che dico? inorridita ! da tutte queste polemiche intorno al presepe e al crocifisso, polemiche che vengono da italiani che hanno perso per strada il senso della meraviglia e dei simboli che (forse) hanno avuto anche loro da piccoli, perché “non possiamo non dirci cristiani”. L’arte di cui tanto ci vantiamo e che è l’orgoglio del nostro Paese, il nostro pensiero e la nostra coscienza sono stati formati dal Cristianesimo. Forse quelli che rifiutano il presepio non hanno più né pensiero né coscienza e nemmeno il senso della spiritualità, il che è triste come la società di oggi.
    Spero che abbia passato un Buon Natale e le auguro un Buon Anno
    Vita Bruno

  2. Renato Sacchelli Reply

    Gentile signora, prendo atto con vivo piacere delle sue belle parole. La ringrazio molto e sono felice che condivida ciò che ho scritto in merito al Presepe e al suo significato, non solo religioso ma anche culturale.
    Colgo l’occasione per augurarle un felice anno nuovo.

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