Da anni c’è chi fa la cresta sui biglietti dei musei più frequentati, vendendoli a prezzi maggiorati. Il caso più famoso è la galleria degli Uffizi di Firenze, che è corsa ai ripari introducendo un software che taglia le code alla biglietteria e, di fatto, riduce il contatto dei turisti con i bagarini. Il problema, però, è che il bagarinaggio è anche online, ed è molto più subdolo, perché si basa su siti farlocchi che sembrano ufficiali e, ovviamente, vendono anche i biglietti d’ingresso al museo, a prezzo maggiorato. A cadere nel tranello sono soprattutto i turisti stranieri (ma non solo). La scorsa estate, ad esempio, una giornalista francese denunciò la vendita online di un biglietto per gli Uffizi a 74 euro (il biglietto costa 20 euro, cui si aggiungono 4 euro per la prenotazione).

Abbiamo fatto un controllo e sul sito incriminato, Uffizi.com (che rimanda al sito florence.net), al momento non è possibile fare acquisti (vendita online al momento non attiva), anche se sulla homepage sono presenti i calendario con la possibilità di scegliere il giorno e procedere all’acquisto. Qualcuno afferma di averlo visto in vendita, di recente, a 30 euro. Biglietti cumulativi (Uffizi, Palazzo Pitti e Giardino di Boboli), che ufficialmente costano 38 euro e valgono tre giorni, sono venduti a 48 euro.

La situazione è abbastanza grave e il deputato Gabriele Toccafondi (Italia VIva) ha presentato un’interpellanza al ministro della Cultura, Dario Franceschini. La risposta della sottosegretaria Lorenza Bonaccorsi ha fatto emergere dei dettagli molto interessanti. Prima di tutto gli Uffizi, attraverso il direttore Eike Schmidt, si sono rivolti al Wipo (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale), con sede a Ginevra, per difendere il nome dell’istituzione italiana. L’azienda che ha registrato il dominio Uffizi.com si è difesa dicendo che si tratta, in realtà, di un nome comune, la forma arcaica della parola “uffici”. Nonostante questa arrampicata sugli specchi (palese in quanto sul sito non si parlava affatto di vecchi uffici né di mobili ma si vendono biglietti proprio per la galleria), il Wipo lo scorso aprile ha dato ragione agli Uffizi, decidendo che il dominio Uffizi.com debba essere trasferito all’istituzione italiana. Ma la vicenda purtroppo non si è ancora conclusa, in quanto la causa va avanti, al Tribunale dell’Arizona (Stati Uniti), con il coinvolgimento, tra l’altro della nostra Avvocatura di Stato.

Foto: in alto il sito “farlocco”, sotto quello originale degli Uffizi

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