Guido Martinelli

La gioventù è un momento particolare della vita in cui lo sbaglio è pedagogico, persino suggerito e necessario. I peccati di gioventù servono a comprendere come funzionano le faccende del mondo, a crescere. E forse sbagliavano pure tutte quelle migliaia e migliaia di giovani che hanno percorso le vie del centro di Pisa il 27 settembre, imitati da altre centinaia di migliaia in Italia per un totale approssimativo di un milione. Forse sono tutti in errore perché sembrano animati da un’ingenua speranza: salvare il pianeta. Forse è anche presuntuoso cercare di fermare il riscaldamento globale così, anzi decisamente lo è.

Venendo dal Paleolitico e avendo ormai molta esperienza sulla natura umana sono sovente sfiorato da quel pessimismo della ragione che lotta da sempre con l’ottimismo della volontà. È bello, però, osservare tutto questo sforzo, ammirare questa energia, questo candore, questa voglia di affermare la propria personale presenza stavolta per un ideale comune a tutti: è il privilegio della gioventù.

Già, quando anch’io ero poco più di un cucciolo d’uomo i ragazzi percorrevano ugualmente le piazze animati dallo stesso desiderio di cambiamento, ma erano spinti da ideologie che li portavano a contrapporsi, a scontrarsi, e alla fine molti di questi aneliti libertari egualitari sono stati per questo sopraffatti dal Potere che si è servito dei contrasti per sopire le opposizioni e continuare a dominare. Stavolta, invece, tutti quelli che manifestano remano dalla stessa parte, perché non ce n’è uno che non voglia difendere l’unica razza che popola questa terra: quella umana.

Ovviamente i nemici sono ancora in agguato, le lobby che hanno lucrato sul pianeta divorandoselo a pezzi per i propri interessi sono sempre vigili. Nessuno di loro vuol perdere la leadership. Il petrolio non vuole abdicare al proprio ruolo di energia preminente fino al suo esaurimento, e quindi trova sempre qualcuno pronto a delegittimare, lanciando strali contro questa immensa platea di idealisti che vogliono difendere il proprio futuro magari spingendosi verso altre fonti energetiche. Affermare, come fanno tutti questi interessati a non abdicare al loro trono, che il riscaldamento globale non dipenda dalle attività umane è difficile da credere. O volendo essere concilianti possiamo anche condividere tali posizioni ma è altresì vero che assistiamo impotenti da decenni allo scempio che i fiumi, i mari e le pianure del nostro pianeta stanno subendo per l’attività chimica umana e sembra difficile credere che questo non produca qualche effetto negativo al patrimonio naturalistico terrestre e alla salute delle persone. Basti pensare ai giapponesi che vogliono rovesciare i resti liquidi contaminati della defunta centrale nucleare di Fukushima nel mare prospiciente, in modo che, evaporando, possano far provare a tutti l’ebrezza di docce radioattive.

Gli esempi sono innumerevoli e sotto gli occhi di tutti. Chi scorda che il nostro fiume Arno prima era balneabile ed ora è pericoloso per chi lo tocca? In nome dei preminenti interessi economici si vuole buttare all’aria l’intero ambiente nel quale viviamo. Sembra un cupio dissolvi autolesionistico senza precedenti, come se una divinità maligna ci abbia convinto a farci prendere per mano e portarci verso il baratro. Il pianeta continuerà a esistere senza di noi e basti pensare che, in un ipotetico giorno che riassume la vita del pianeta dalla sua nascita, rappresentiamo solo
cinque minuti. Niente siamo ma tanto pensiamo di contare.

Questi ragazzi conoscono tutto questo, sono informati e preoccupati. Io, che ho a che fare giornalmente con preadolescenti da 11 a 14 anni in ambito scolastico vedo i loro volti incupirsi, gli occhi diventare fessure impenetrabili, il volto riempirsi di preoccupazioni e si passa subito dopo a discutere sulle condizioni ambientali del pianeta. In quei momenti scompaiono tutte le componenti della loro vita più agiata rispetto a coetanei meno fortunati di altre nazioni, e si comprende che sono dentro la realtà drammatica che stiamo vivendo, la comprendono e vorrebbero ribellarsi a questo. E chiedono cosa fare, come intervenire.

Quelle torme multicolori che popolavano le strade, composte anche in numero inferiore da persone più anziane, non erano spinte dall’imitazione scriteriata della loro omologa svedese, quella coraggiosa Greta che tanto disturba masse di benpensanti e che a me ricorda Giovanna D’Arco, la pulzella d’Orleans, sperdano in un diverso epilogo. Lei è un esempio ma non è l’unico viatico, il solo faro per i ragazzi di questa nuova generazione che vogliono assecondare la loro sensibilità e le proprie capacità di discernimento e spirito critico.

Non sarebbe poi così male che tanti comprendessero che questi ragazzi non sono robot telecomandati da poteri oscuri ma menti agili e fertili che vanno ascoltate, incoraggiate e un po’ guidate affinché possano mettere in pratica tutte quelle pratiche virtuose che possano combattere lo sfacelo ambientale terrestre. O forse saremmo tutti più contenti sapendo che coloro che un giorno prenderanno le redini del potere in ogni paese sono solo bamboccioni con la testa perennemente sotto la sabbia come dei classici struzzi? Saremmo tutti più sollevati di fronte all’ipotesi che gli sciocchi guideranno il mondo?

Il progresso ci ha condotti in cima alla montagna ma per respirare la necessaria aria pura di quelle cime occorre fare un passo indietro, ridimensionare le nostre abitudini, i nostri consumi. Iniziando da noi stessi, un passo alla volta, ma anche pressando il potere perché cerchi di adottare le mosse giuste per evitare il disastro.

Come ben sappiamo il 2030 è la data in cui occorrerà diminuire tutte le emissioni dei gas nocivi per cercare di limitare l’aumento della febbre del pianeta. La cura a tale terribile malanno consiste nell’adottare stili di vita differenti che comportino una serie di sacrifici da parte di tutti se non vogliamo imitare i dinosauri. Per questo dovremmo ascoltare i ragazzi e aiutarli a crescere in questo senso in modo concreto magari cercando di farsi contagiare dall’ingenuo fervore giovanile.

Tanti di noi che alla loro età volevano rivoltare il mondo come un calzino e non ci sono riusciti hanno un’altra chance cercando, stavolta, almeno di mantenerlo vivibile questo scassato pianetino perso nel nulla dell’universo stando a fianco di chi ancora non ha provato l’amaro sapore di fiele delle sconfitte. Magari cercando di riagganciare divinità capricciose come speranza e fortuna che a volte ci aleggiano intorno senza farsi prendere ma possono essere utili ai
nostri fini perché solo se si cercano loro ci sostengono. Basta poco, ma occorre volerlo.

“Fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. E se lo dice il vecchio Dante perché non ascoltarlo una volta tanto?

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