L’artista milanese Ruth Beraha era balzata alle cronache perché qualche mese fa, ad aprile, una sua opera (Io non posso entrare/Autoritratto), esposta all’esterno del Museo della Città-Luogo Pio Arte Contemporanea di Livorno, era stata imbratta con la vernice nera da un giovane studente. Tutto era nato da un equivoco. L’opera, infatti, consisteva in una targa di ottone che riportava la seguente scritta: “Vietato l’accesso agli ebrei e agli omosessuali”. E chi l’aveva deturpata evidentemente non aveva compreso che si trattava solo di una provocazione.

Torniamo a parlare di questa storia perché quella targa è sparita. O meglio, è stata rubata. È successo la notte tra il 16 e il 17 luglio. “Beraha – ricorda la direttrice del museo, Paola Tognon – aveva inteso sollecitare, con questa opera, una riflessione su tutti i razzismi e le discriminazioni, del passato, presente, futuro. Lo aveva fatto scegliendo in particolare di nominare nel suo ‘divieto di ingresso’, due specifiche categorie, la cui discriminazione è tristemente riconosciuta. La stessa Ruth Beraha, con un divieto del genere non sarebbe potuta entrare nel nostro museo e questo segnala una sua voluta ed evidente presa di responsabilità”.

Ruth Beraha aveva scelto di non ripulire la sua opera, ma di lasciarla annerita. Quasi come un monito per la lotta contro ogni discriminazione. “Oggi è nera – aveva spiegato la Tognon – ma ciò non impedisce completamente, per chi vuole, di leggerne ancora il contenuto”.

“Ciò che è successo la scorsa notte con il furto – dichiara la direttrice del museo – ennesimo sfregio a quest’opera, al suo significato e messaggio. Dimostra la capacità dell’arte di disturbare sonni tranquilli. Poco importa che sia stato un gesto consapevole o una goliardata notturna. L’assenza della targa dal suo posto racconta, parla ancora di più di razzismi e discriminazioni del passato e del presente”.

Foto: Museo della Città – Luogo Pio Arte Contemporanea di Livorno

 

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