Di manifesti pubblicitari con il lato b in bella mostra ce ne sono tanti. Basti pensare a quelli in cui campeggia Belen. Nel caso di cui vi parliamo, però, non si tratta di un personaggio famoso: si vede una donna, un’atleta, di spalle, ed è impossibile non notare il lato b e le gambe. A Lucca, dove si sono visti questi manifesti, è scoppiata una polemica durissima, con accuse di sessismo. Se n’è parlato persino in consiglio comunale, forse per l’accostamento tra la foto e il testo: “Ci siamo fatti il curriculum sull’asfalto, siamo pronti a fare strada”.

Il 9 luglio Daniele Bianucci, consigliere comunale della lista Sinistra per Tambellini, ha scritto su Facebook: “Per le vie della città campeggia questo manifesto pubblicitario. È di una ditta garfagnina: non dico quale per non fare, appunto, pubblicità. Tante donne, e anche uomini, lucchesi da stamani ce l’hanno segnalato. Stasera la consigliera Teresa Leone (Lucca Civica) e io abbiamo avanzato un’apposita raccomandazione in Consiglio comunale: una campagna di marketing del genere è davvero opportuna?”.

Giovanni Minniti, consigliere comunale della Lega, ha criticato duramente Bianucci: “Ci rendiamo conto delle enormi sciocchezze dette con la benedizione dell’imam Tambellini (il sindaco, ndr) che dall’alto del suo scranno in consiglio comunale ha visto e sentito tutto? Non è certo il caso della campagna pubblicitaria, ma in linea generale, la storia dell’arte è piena di capolavori raffiguranti nudità sia maschili che femminili: la Venere di Botticelli, il Perseo di Cellini, i bronzi di Riace per non parlare degli affreschi di Pompei. Gli autori di quelle straordinarie opere saranno stati anch’essi beceri sessisti ispiratori di sopraffazioni? Vorrei tanto conoscere l’opinione dei nostri amministratori politically correct”. Poi rincara la dose: “Spero ardentemente che il mullah Daniele al Bianucci non vada mai ad ammirare capolavori del genere altrimenti gli verrà voglia di emulare le gesta del suo quasi omonimo Daniele da Volterra alias il Braghettone ovvero il censore del giudizio universale di Michelangelo. Sarebbe un ulteriore grave danno per l’umanità intera”.

La ditta in questione per evitare polemiche ha ritirato la campagna pubblicitaria, ma l’agenzia pubblicitaria Ugly Agency respinge al mittente le accuse di sessismo: “Non c’è nessun sottinteso e nessun intento sessista, altrimenti non l’avremmo promossa”, chiarisce Elisabetta Ughi. E che dire della frase incriminata “ci siamo fatti un curriculum sull’asfalto…”? L’agenzia assicura che il riferimento è alla ditta e non alla donna-atleta. La Ughi, inoltre, aggiunge che “da cittadina lucchese mi stupisce che si spendano (in consiglio comunale, ndr) anche due minuti per parlare di un argomento che non è un problema della città”.

Dall’ufficio di presidenza del consiglio comunale, però, non l’hanno presa bene.

Riponga pure ogni amarezza, la dottoressa Ughi, scorra invece  i punti all’ordine del giorno di ogni consiglio comunale per rendersi conto della sua operatività e venga ad assistere a qualche seduta per comprendere con quale passione e serietà ci si confronta.

Stupisce semmai che per rispondere a un’osservazione avanzata nell’assise dei rappresentanti eletti della città non si abbia altro argomento che il negare l’evidenza. Il messaggio pubblicitario giocava in modo inequivocabile sull’assonanza tra ‘curriculum’ e ‘fondoschiena’ (eufemismo: figura retorica che consiste nel sostituire l’espressione propria con un’altra di significato attenuato) come la foto evidenzia. Lo si ammetta senza ipocrisie. Lo si dica apertamente. Forse non si voleva offendere, ma è innegabile una certa ambiguità. Ciascuno sia responsabile del messaggio che veicola, con la massima onestà intellettuale. E la foto scelta per accompagnare quello che poteva rimanere, da solo, un simpatico (ed efficace) gioco di parole ne è l’evidente dimostrazione. Diversamente si tratterebbe di uno sbaglio non ammissibile per chi si occupa di comunicazione. Nella comunicazione, come sa bene chi fa marketing, il messaggio conta tanto quanto la percezione di chi lo riceve. In questo caso, il messaggio è stato sentito come sessista e offensivo della dignità del corpo della donna.

Temi, questi, che rivendichiamo con forza come politici.
E il consiglio comunale è il cuore del dibattito politico cittadino. Non è solo appropriato, ma è anche opportuno, pertanto, che all’attenzione di palazzo Santini arrivino queste tematiche. Si tratta di discutere di cosa si vuole per la propria città, quale etica dello stare insieme come uomini e donne si vuole condividere come comunità, di dialogare insieme non su cosa sia morale o su cosa non lo sia, ma su cosa significhi, in concreto, il rispetto dell’altro, primo pilastro del vivere civile. Ecco perché il consiglio comunale ha ritenuto di doversi esprimere liberamente e di confrontarsi su questo tema”.

Giocare con le parole fa parte della pubblicità e, più in generale, della comunicazione. A questo punto una domanda sorge spontanea: se l’atleta raffigurata sul manifesto fosse stata in tuta ci sarebbero state ugualmente queste polemiche? E se, invece, fosse stato un uomo? Noi crediamo di no.

 

Foto: Daniele Bianucci (Facebook)

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1 Comment

  1. mario galaverna Reply

    E’ una tecnica pubblicitaria vecchia come il cucco. L’antesignano in Italia è stato il Toscani col culo di Rosa Fumetto, i jeans Jesus e lo slogan chi mi ama mi segua ( riferito al culo, ovviamente). Il sesso serve a scatenare l’indignazione per far parlare i giornali amplificando intenzionalmente la campagna pubblicitaria. L’agenzia, ovviamente, cade sempre dal pero. Ma questa è una tecnica che NON AVVANTAGGIA il cliente ( provate a chiedere chi è, cosa fa, a cosa ti serve e come reperirlo), ma semplicemente l’AGENZIA PUBBLICITARIA che usa i soldi del cliente per far pubblicità a se stessa. Non mi sorprenderebbe che l’articolo SCANDALIZZATO sia opera dell’agenzia stessa.

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