– Mira Letzbor – 

Come tutto ebbe inizio…

Il 30 marzo scorso, con un gruppo di persone legate dalla passione per la fotografia, sono partita per una delle più grandi metropoli del mondo. Da Pisa a Milano in auto, poi in volo a Parigi e da qui fino a Tokyo, in tutto circa 17 ore di viaggio in aereo. Devo dire che il jetlag lo abbiamo superato facilmente tanta era la voglia di esplorare questo paese così lontano da noi e già dentro l’aeroporto di Tokyo, appena atterrati, abbiamo fatto la nostra prima esperienza giapponese: un water riscaldato con tanto di musichetta che parte appena lo si sfiora e uno spruzzo di acqua che ti ripulisce al posto del nostro adorato bidè italiano. Passati i controlli di sicurezza e lasciata la nostra impronta digitale, abbiamo finalmente ottenuto il nostro Visto.

Sakura

La nostra avventura è stata soprattutto incentrata sulla Festa dei Sakura, la fioritura dei ciliegi giapponesi. Non è da tutti avere la fortuna di prenotare questo viaggio mesi e mesi prima e riuscire ad arrivare a Tokyo proprio all’inizio di questo bellissimo momento che ha la durata di una o massimo due settimane. Grazie a Marco Carmassi, fotografo professionista ed esperto organizzatore di viaggi, abbiamo affrontato questa ennesima entusiasmante esperienza. Il fiore ha un significato molto importante in Giappone, perché rispecchia perfettamente la mentalità della loro religione prevalente, lo Scintoismo. che si basa sull’idea della continua rinascita, del continuo cambiamento.

Tokyo

I primi tre giorni li abbiamo passati a Tokyo a visitare i tantissimi parchi pieni di ciliegi in fiore e conoscendo le zone più strane di questa città. La strada di Takeshita oppure la Eletric Town sono zone molto particolari. La prima, conosciuta anche come la via dei giovani, mostra quanto le cose che in qualunque altra città sembrerebbero strane, qui siano normali. Questa via era piena di persone vestite come personaggi manga o anime. La seconda invece è una città dentro la città, con tanti grattacieli dedicati all’elettronica. Ne è esempio il grattacielo della Samsung con la facciata formata da un mosaico di veri telefoni cellulari del modello Galaxy che creavano giochi di luce grazie ai loro schermi. Ci spostavano con la metro affollatissima di persone protette dalle famose mascherine

Una delle foto icone che volevamo portare a casa era quella raffigurante la Pagoda Chureito, dalla quale vi è una vista mozzafiato sul Monte Fuji: ci siamo arrivati faticosamente salendo ben 400 scalini. Con 3776 metri è il monte più alto del Giappone. Purtroppo la cima innevata era un po’ coperta dalle nuvole e nonostante abbiamo aspettato un po’ per scattare la “foto perfetta”, non siamo riusciti nel nostro intento.

L’unico neo di questo viaggio forse è stato il cibo, per noi di poco gradimento. I giapponesi non usano il sale, il latte e neanche lo zucchero. Abbastanza deludente per i nostri palati sopraffini è stata l’ultima cena prima di continuare il nostro viaggio verso Kyoto, in un ristorante giapponese consigliato dalla nostra guida. Abbiamo mangiato patate lesse, carne tipica giapponese (di Kobe) e vongole. Pur essendo cose molto speciali per il popolo locale, per noi non era così, tra attese infinite e porzioni minuscole. Quanto avremmo pagato per un po’ di pane, ci saremmo anche accontentati dei grissini! Ci siamo resi conto che i giapponesi nel loro stremato ordine sono molto lenti, tanto che ci servivano le portate con tempi lunghissimi che ci costringevano a mangiare quasi uno alla volta. In compenso è stata divertente anche se difficile l’esperienza di usare le bacchette al posto delle nostre posate, per alcuni una tragedia, specialmente quando si trattava di dover mangiare il riso.

Nonostante queste piccole difficoltà eravamo sempre di buon umore e pronti alla battuta, da buoni toscani: anche quella sera abbiamo fatto amicizia con un gruppo di giapponesi seduti al tavolo adiacente, che hanno tirato fuori una chitarra e cantato alcune canzoni. A quel punto ci siamo sentiti in dovere di rispondere con la nostra musica italiana ma, sarà stato per il vino o per il troppo sakè (vino di riso) o semplicemente per la nostra mancanza di educazione musicale, il nostro tentativo è stato un vero fiasco. In compenso ci siamo tanti divertiti.

Kyoto

Per arrivare a Kyoto abbiamo avuto l’ebrezza di fare il viaggio con un treno Shinkansen (i treni veloci del Giappone, considerati anche i più in orario al mondo). Durante la vacanza abbiamo viaggiato spesso in treno, è stato utile anche per riposarci e dormire, perché le nostre giornate erano sempre molto lunghe con camminate di oltre 23 chilometri al giorno. Una vera goduria rilassarsi in un treno tanto pulito e spazioso. Kyoto è una città molto diversa da Tokyo, più piccola e tradizionale, anche le persone sembrano più gentili e meno fissate con le mascherine. A Kyoto siamo stati tre giorni, incentrati specialmente sulla visita ai templi, quello scintoista di Fushimi Inari, il padiglione d’Oro e il Palazzo Imperiale. Io sono rimasta particolarmente colpita dal tempio Ryoan-ji, conosciuto in particolare grazie al suo giardino delle rocce, creato per meditare.

Non è strano trovare degli uomini d’ufficio che siedono in un giardino zen. Spesso nelle pause dal lavoro scappano in questi luoghi per ritrovare un po’ di pace e meditare. Una cosa molto rara per noi occidentali, ormai non più abituati al silenzio, che spesso ci crea anche grande imbarazzo. In Giappone invece il silenzio è ancora prezioso e importante, in grado di metterci in sintonia con il mondo, la natura e anche con le persone da cui veniamo circondati. Un altro tempio che mi ha suscitato grande emozione è stato il Todai-ji, tra quelli in legno il più grande al mondo, al cui interno vi è un Grande Buddha in bronzo e oro, considerato più grande del mondo (15 metri di altezza).

Hiroshima

Il settimo giorno del nostro viaggio l’abbiamo trascorso ad Hiroshima, città modernissima, ricostruita dopo il noto attacco nucleare che la distrusse totalmente e popolata fino all’inverosimile (più di 1.000.000 abitanti, circa mille abitanti per chilometro quadrato). Vedere il Bomb Dome, l’edificio lasciato in ricordo della grande tragedia, ci ha colpito molto,come anche la visita al Museo della Pace, dedicato a quel fatidico giorno (6 agosto 1945, alle 8:16 e 8 secondi). Non mi soffermo oltre su questa esperienza, perché credo che ognuno debba viverla e interpretarla a proprio modo. Dirò solo che per qualche ora abbiamo trascurato la nostra smania di fotografi e ci siamo immersi in riflessioni profonde.

Da Hiroshima abbiamo preso un traghetto per arrivare all’isola dove si trova il santuario di Itsukushima, altra meta fotografica che ci eravamo prefissati.I l portone di questo santuario è famoso grazie alla sua postazione in mezzo al mare. Ma, ahimé, durante la nostra visita vi era la bassa marea, quindi ci siamo dovuti accontentare di fotografarlo così, piantato nella sabbia fra conchiglie, vongole e chiocciole di mare vive. Tantissimi giapponesi erano lì sulla sabbia bagnata alla ricerca di queste “prelibatezze”.

Il ritorno

La nostra permanenza nel Sud del Giappone si stava concludendo, le ultime visite sono state il castello di Himeji e la città di Osaka. Il castello di Himeji da queste parti è considerato l’edificio più bello che si possa vedere al mondo. Immaginatevi quanti turisti! Osaka è invece una città molto moderna, sembra di trovarsi in una New York giapponese con enormi granchi, draghi e superman attaccati alle pareti di modernissimi grattacieli che si muovevano creando minuscoli spettacoli.

Appena tornati a Tokyo pioveva e faceva freddo, al contrario delle splendide giornate di sole che avevamo trovato nelle città meridionali. Devo dire che abbiamo finito in bellezza con una cena in un locale tipico dove abbiamo gustato un‘ottima tempura e sushi a volontà. Il giorno dopo, uno dei trentamila solerti tassisti di Tokyo, tra un inchino e l’altro ci ha accompagnati all’aeroporto. Tante ore di volo e di nuovo a casa con il cuore pieno di ricordi per questo paese meraviglioso e stravagante.

Arigatoo gozaimas Nihon (Grazie mille Giappone!)

Mira Letzbor

 

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