Giovanni Boccaccio lo definì “Castello insigne” per le sue possenti fortificazioni. Ora Montopoli Val d’Arno, circa 11mila abitanti in provincia di Pisa, diventa città. Il prefetto di Pisa, Giuseppe Castaldo, sabato 16 marzo consegnerà gli emblemi araldici di città al sindaco, Giovanni Capecchi, durante una cerimonia che si terrà alle 11.30 nella sala del consiglio comunale.

“Il titolo di città – osserva il sindaco- onora non solo le sue bellezze artistiche e naturali, non solo le sue produzioni agricole, artigianali, le sue aziende ma un qualcosa di più complesso ed articolato: qui si ha ancora la possibilità di vivere a misura d’uomo, pur essendo felicemente inseriti in uno dei più importanti distretti artigianali ed industriali della Regione, la qualità della vita è elevata, il tessuto sociale è vivace e fervente, ogni pietra trasuda secoli di storia ed ogni scorcio della campagna è una narrazione congiunta di bellezza della natura e di sapiente lavoro dell’uomo”.

La legge, il Testo Unico degli Enti Locali, prevede che il titolo di città possa essere concesso “ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l’attuale importanza”. I Comuni che hanno il titolo di città presentano alcuni simboli nei propri emblemi araldici (gonfalone, bandiera e stemma): una corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (i Comuni normali ne hanno quattro).

Non avrà più soldi né poteri ma solo onori il Comune di Montopoli Val d’Arno.”Il riconoscimento – chiarisce il sindaco – non significa la concessione di maggiori poteri amministrativi e politici ma il conferimento di un attributo onorifico, legato alla nobiltà, al prestigio e al valore sociale della sua storia e della sua presenza in un territorio. Di tale identità fa parte anche la nostra comunità montopolese, che tanti eventi, date, personaggi ha regalato alla storia della Toscana e dell’Italia; anche per queste motivazioni come cittadino montopolese sono profondamente orgoglioso per l’ importante riconoscimento attribuito al nostro Comune”.

Foto: Wikipedia

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