Doady Giugliano

Lo scolmatore a ‘sto giro è gonfio dei tanti, troppi clamori di un Festival della Canzone Italiana (canzone decisamente leggerissima), che in questi giorni ha fatto straripare la pazienza degli altri 50 e passa milioni di italiani che non si sono prestati a rimpinguare lo share televisivo. Certo i tempi cambiano, 69 anni non sono pochi. Oggi però c’è la chimica che aiuta, lo dicono soprattutto coloro che avevano problemi di impotenza. Impotenza? Sì, è il termine giusto che si potrebbe usare per come ci si può sentire di fronte ad uno spettacolo in gran parte pagato da noi contribuenti. Andando avanti di questo passo dovremmo creare un’Accademia della Crusca anche per tutelare il buon nome della musica italiana. Ma la crusca, quella vera e poco accademica, l’hanno dovuta ingerire coloro che sono rimasti costipati dopo aver ascoltato brani (non tutti in verità) che andrebbero giudicati (ma da chi? Non certo da noi o dai presunti esperti) con meno superficialità e/o, secondo copione, in base al produttore che li porta nella Città dei Fiori.

A proposito di fiori, quest’anno gli unici fiori che abbiamo visto all’Ariston sono quei mazzolini donati con molta galanteria dal mitico (nel senso di Jurassico) Claudio Baglioni, da tutti amato e ammirato, giustamente, come autore e cantante. Dalle sue origini in poi, almeno fino a che internet non ha stroncato l’industria discografica, i veri vincitori erano coloro che scalavano le classifiche delle vendite. Avevamo tutto il tempo per ascoltare, riascoltare e poi decidere a chi dare la nostra preferenza entrando nei negozi di dischi. Adesso invece si creano a tavolino, solo e soltanto personaggi o, come dice un noto amministratore del Sud, “personaggetti” pronti ad essere “venduti” come prodotti che, passata una stagione non si ricommercializzano neppure con i saldi! Non parliamo quindi di musica per favore!

I musicisti veri sono quei bravi e pazientissimi componenti l’Orchestra, eccellenti sempre e comunque. Tanto eccellenti che, a mio avviso, avrebbero fatto la stessa ottima figura anche senza il “DIRIGE IL MAESTRO…” . Uno spettacolo da “Andamento Lento”, fin troppo, talvolta da recita parrocchiale, con Claudio Bisio e Virginia Raffaele, ottimi, ma fuori da qui dove non sono riusciti ad esprimere, probabilmente perché costretti in copioni ammuffiti. I due, si conoscono fin troppo bene per non capire le loro reali possibilità artistiche. Ma come recita un vecchio adagio “si deve attaccare l’asino dove vuole il padrone”.

Qualche momento di sana ricreazione o se preferite di “minuti d’aria”, l’hanno fornita alcuni degli ospiti, soprattutto i vocalist. Grazie a loro si può comprendere tutta la pochezza di una manifestazione che, a dire del suo direttore artistico, doveva essere l’evento dell’armonia. Peccato che però si sia sentita poca melodia, tipica della vera canzone italiana. Stante così le cose, ARRIDATECE NILLA PIZZI!

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Perché la rubrica si chiama “Lo scolmatore”? Quando il troppo è troppo è opportuno aprire le paratie dando libero sfogo all’acqua, per evitare che tracimi allagando tutto. Ogni riferimento al canale Scolmatore, che dall’Arno devia l’acqua in eccesso al mare, è voluto. Un libero sfogo ragionato da cui si possono trarre spunti di riflessione interessanti.

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