Partiva da via San Vito, con due canne da pesca in mano e un secchio nell’altra. Con lui il suo bambino. Davanti alla caserma della Guardia Finanza, in lungarno Simonelli, il piantone di guardia lo salutava: “Maresciallo, va a pesca?”. Lui rispondeva con poche parole: “Sì, speriamo bene. Arrivederci”. Dopo qualche ora tornava, sudato e un po’ stanco ma felice. Il secchio era pieno. Chi prima lo aveva salutato ora lo guardava stupefatto: “Maresciallo, ma quanti ne ha presi?”. Lui si avvicinava, divertito, spostava il foglio di giornale che aveva messo sopra, a mo’ di coperchio, e mostrava il contenuto: niente pesci ma dei bellissimi fichi, prevalentemente neri.

Questa “pesca miracolosa” di fichi avveniva d’estate. Li trovava su alcuni alberi cresciuti in modo spontaneo sulle antiche mura di Pisa, alla Cittadella. Siccome, però, erano tutti molto alti e piuttosto difficili da cogliere, lui si era inventato un meccanismo a prova di bomba: aveva fissato, in cima a due canne da pesca dei cerchietti di ferro. Con questi faceva dei piccoli movimenti con il polso e il fico maturo cadeva giù, senza opporre resistenza. Ne mangiava un bel po’, ne era davvero ghiotto fin da piccolo, quando in tempo di guerra li andava a cercare per combattere la terribile fame di quei giorni. Castagne, fichi, pannocchie… ogni frutto della terra era manna dal cielo. Quelli che gli avanzavano li portava a casa, dove sua moglie li usava per preparare delle ottime marmellate.

Un giorno il maresciallo tornò a casa con delle buste di plastica piene di funghi pinetini. Li aveva raccolti nel prato che costeggia via Bonanno Pisano, sotto i pini, a ridosso delle mura antiche. Sì, vicino c’era la strada, ma alla fine degli anni Settanta-primi Ottanta il traffico di auto non era così pesante in città, e per questo si potevano mangiare.

Frequentando col suo bimbo il parco giochi della Cittadella, e il mitico Parco Robinson, una vera e propria oasi verde dove i bambini potevano scorrazzare felici, per ore, senza alcun pericolo, si era accorto di una cosa. Sulle mura crescevano delle strane pianticelle: producevano dei bellissimi fior, che poco prima di sbocciare erano dei… capperi! Questa scoperta lo aveva lasciato di stucco. Le piantine avevano le radici conficcate tra le pietre, in simbiosi con le antiche mura pisane. Chissà chi le aveva portate lì e da quanto tempo vi crescevano. Un vero e proprio miracolo della natura, che a dire il vero si poteva e ancora oggi si può notare anche su alcuni tratti dei muretti sugli argini dell’Arno. Quante ore passate a raccogliere i capperi (meglio se molto piccoli), riempendo vasetti di vetro e conservandoli, poi, sotto sale o sotto aceto. E che buoni erano sulla pizza o usati per cucinare altre prelibatezze. Fichi, capperi, funghi… tanti bellissimi ricordi pisani pieni di spensieratezza e felicità.

P.S. Il maresciallo era mio padre, il bambino ero io.

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