Antonio Cassisa –

Pellegrino Artusi diceva :

… questa zuppa che, per modestia, si fa dare l’epiteto di contadina, sono persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori …”

In pòe parola voleva dì che anche se ha origini ‘ontadine è dimòrto bòna e garberà di siùro anche ai palati fini, magari per fassela garbà di più la metteranno in una scodellina di vèlle desaign ma la zuppa ‘un cambia.

Si dice anche : “se ‘un è zuppa è pan bagnato” … una sega, guardate vì quanta bella robìna ci va drento :

‘OSA CI VÒLE :

– pane toscano raffermo (che vòle dì non più fresco)
– fagioli bianchi (150 gr.)
– olio di vèllo bòno (40 gr.)
– acqua (1 litro)
– cavolo cappuccio o verzotto (1/4 di palla)
– cavolo nero
– un mazzo di bietola e un po’ di pepolino
– una patata piccina
– un po’ di ‘otenne di preciutto tagliate a strisce
– aglio e cipolla (ci vòle … )
– una ‘osta di sedano
– prezzemolo
– concentrato di pomodoro

‘OME SI FA :

– Prima di tutto si stioccano i fagioli nell’acqua diaccia insieme alle ‘otenne, si fa bollì tutto per un’oretta e se l’acqua sparisce mentre bolle, aggiungete dell’artra acqua càrda.

– Ner frattempo che i fagioli bollano sminuzzate mezza cipolla e dù spicchi d’aglio (e lo so che vi ci vien da piange’, ner caso approfittate per sfogavvi bene bene e poi date la ‘orpa alla cipolla. Mì mà diceva che piange’ fa venì l’occhi belli) ir sedano e un po’ di foglioline di prezzemolo. Poi fate soffrigge’ tutto nell’olio.

– S’aggiunge poi l’erbe tritate a pezzi grossi e diozzi : prima ir cavolo (che a coce’ ci deve stà di più), poi la bietola e la patata tagliata a pezzetti.

– Sale e pepe ammodìno e poi una bella cucchiaiata di concentrato di pomodoro (va bene anche la passata o la ‘onzerva … fate un po’ ‘ome vi pare, sempre pomodoro è !). Se ir tutto risurta troppo asciutto aggiungeteci un po’ d’acqua di ‘ottura dei fagioli.

– Aggiungere alla verdura un quarto dei fagioli, le cotenne e passate quell’artri che restano (che se un quarto l’avete messo còlle verdure, ne resteranno tre quarti … lo so che lo sapevi ma io ciò dovuto ragionà) insieme alla loro brodaglia. Poi versare anche i fagioli passati insieme al resto e fare bollire tutto per una decina di menuti.

– La zuppa che si ottiene si stiocca sopra alle fette der pane raffermo tostato inzieme a un filo d’olio toscano estravergine e una grattata di pepenero

L’Artusi alla fine dice:

è buona calda e meglio diaccia”.

Ora io per scrive’ questa ricetta ho penzato a come la fa mì mà (e come la fa la mamma ‘un ce n’è) e come la faceva la mì nonna, toscana dell’ottocento, poi ho letto l’Artusi e quarche ricetta a giro su internet. Noi ci si stiocca anche la cipolla fresca … majale com’è bòna la zuppa còlla cipolla … mì pà ce ne sbriciolava sempre una intera. Poi bisognava stagli a distanza per una settimana ma merita perdavvero.
In Francia diàno che mangià la zuppa senza cipolle è come leccà la topa còlle mutande (come sono fini i francesi)… fate voi… se proprio la cipolla ‘un ce la fate, armèno le mutande levatiniele!

Chiaro che inzieme ci vòle un ber fiasco di vino rosso toscano.

Bònappetito e se quarcuno ha seguito la ricetta e n’è venuta bene, fatimela assaggià ancammè!

Dal blog “I Penzieri der Cassisa

Scrivi un commento