In una trattoria toscana nel cuore di Milano abbiamo incontrato il Maestro Andrea Gottfried, fondatore e motore del Festival Nessiah, che da 21 anni porta a Pisa il meglio della cultura ebraica, dalla musica al teatro, dalla cucina al cinema. La manifestazione rappresenta un imperdibile viaggio a 360 gradi in una cultura a sua volta in viaggio, in
continua evoluzione, senza mai tradire la propria identità.

Quali sono le principali novità del Festival Nessiah, giunto quest’anno alla XXI edizione?
Sicuramente la mostra diffusa con la quale rendiamo omaggio alla figura di Emanuele Luzzatti, cercando di lasciare un segno in diversi angoli di Pisa.

Perché rendere omaggio al grande scenografo e illustratore Luzzati, scomparso dieci anni fa? 
Emanuele Luzzati è stato fin dalla mia infanzia una figura di riferimento con il suo tratto inconfondibile. Ci sembrava doveroso rendere questo piccolo omaggio al Maestro in maniera da mantenere viva la sua arte.

Ci racconta come è nato Nessiah?
Nessiah nasce 21 anni fa, quando mi trovavo in un percorso di riscoperta della mia identità ebraica iniziato con l’esplorazione di composizioni di musica classica di autori ebrei e continuata con varie collaborazione con strumentisti di ogni genere. Nel tentativo di dare una struttura a tutto questo fervore musicale, mi presentai presso il Comune di Pisa con un progettino di due pagine e l’allora Assessore alla Cultura Grazia Gimmelli concesse un piccolo contributo alla Comunità Ebraica di Pisa, che è stato la scintilla che ha accesso il Festival Nessiah.

Il Festival può/vuole andare oltre la provincia di Pisa?
In passato lo abbiamo già fatto, sia a Lucca che a Livorno. Nessiah è un progetto scalabile e replicabile in qualsiasi posto, vista la rete di conoscenze e l’esperienza maturata in tutti questi anni.

Oltre alla musica Nessiah mescola diversi ingredienti: teatro, cinema, letteratura, cucina, danza. Secondo lei questa contaminazione di spunti culturali si potrebbe allargare ad altri campi? 
Penso che gli ingredienti rimarranno sempre gli stessi, cambierà sicuramente il dosaggio
degli stessi e le spezie utilizzate per impreziosire il tutto.

A chi si rivolge Nessiah?
A tutte quelle persone che hanno un minimo di curiosità verso la cultura ebraica e hanno voglia di sperimentare nuovi momenti di incontro e di confronto.

Tutti gli appuntamenti nel vostro cartellone sono gratuiti. Chi è che finanzia rendendo possibile ciò che fate?
Ci sono molti Enti pubblici e privati che ci sostengono e che negli anni sono diventati veri e propri compagni di viaggio. Uno su tutti è la Fondazione Pisa che è la colonna portante del Festival.

Potrebbe descrivere, in poche parole, l’essenza della cultura ebraica?
Parto dalla mia personale esperienza, senza nulla togliere a quanto scritto da persone più titolate di me. Per me l’essenza della cultura ebraica è il sapersi mettere in discussione quotidianamente, esplorando i propri limiti, arricchendosi di nuove esperienze, cercando un equilibrio tra mondo interiore ed esteriore in tutto ciò che si fa.

Ci parla del suo lavoro? Cosa sta facendo in questo periodo?
Da quasi dieci anni ho lasciato il modo della musica full-time, intraprendendo una sfida manageriale all’interno di un’importante multinazionale. Questa esperienza mi sta accrescendo molto e mi ha permesso di riavvicinarmi alla musica con una diversa prospettiva.

Ho letto che sta portando avanti un progetto di “lirica in formato da camera“. Di cosa si tratta? 
FuoriOpera è un nuovo progetto musicale, una sorta di start-up culturale dove insieme ad Altea Pivetta cerchiamo di divulgare al più ampio pubblico possibile l’opera lirica, a nostro modo di vedere, vera tradizione popolare italiana.
Proponiamo allestimenti flessibili e sostenibile in ambienti non convenzionali, dove appassionati o semplici curiosi possano vivere l’opera dentro l’opera. Al momento i riscontri sono molto positivi e ci vedono impegnati su più fronti tra la Lombardia e la Toscana.

Che legame ha con Pisa?
Ho un legame molto forte con Pisa, molti miei amici storici sono vivono li, come anche i miei genitori.

Ci può dire un pregio dei pisani? E un difetto?
I pisani sono generalmente persone schiette, da pane al pane e vino al vino. Forse uno dei difetti è che generalmente il pisano DOC non riesce a staccarsi dalla città, rinunciando anche a importanti occasioni di crescita personale e professionale.

 

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