Quando ci siamo conosciuti eravamo due bimbetti. Abitavamo vicini, io in via San Vito, lui, Enea Sartori, in via Volturno, nel quartiere di Santa Maria. Frequentavamo la stessa scuole elementare, la Nicola Pisano (dove oggi c’è l’Istituto d’Arte), e soprattutto ci trovavamo a giocare alla Cittadella, il mitico parco giochi che aveva aperto padre Renzo Spadoni negli anni Settanta. Si giocava a calcio ma non solo. Enea era molto bravo col pallone tra i piedi. Quando ci siamo rivisti di recente, dopo tanti anni, gliel’ho ricordato. Grandissimo tifoso del Pisa da sempre, l’ho incontrato l’ultima volta in Curva, a Monza, in una piovosa domenica di settembre (io ero coi Pisani al Nord). Una brutta domenica, sia per il clima che per la partita, col rigore sbagliato all’ultimo secondo da Eusepi. Però per me è stata comunque una giornata positiva, perché ho potuto ricordare ad Enea, di persona (non coi social o whatsapp) che avevamo un conto in sospeso: questa intervista.

Solo per la maglia, Pisa non si piega… alcuni slogan dei tifosi sono scolpiti nella memoria, o sono diventati titoli di libri. Tutta Italia ha riconosciuto al tifo nerazzurro di essere “numero uno”, incitando la squadra anche quando era già retrocessa. Che ricordo hai della passata stagione?

È stata una stagione travagliata oltre che strana. Un po’ inverosimile, se vogliamo. Nella prima parte, senza una società alle spalle, abbiamo fatto un girone d’andata da protagonisti. Nella seconda, invece, con una società forte e presente, anche se inesperta, abbiamo buttato via un campionato che era alla nostra portata.

Perché siamo retrocessi?

Diversi i motivi: le penalizzazioni, la mancanza di forze, alla fine siamo caduti nel baratro. Un’esperienza scioccante sotto tutti i punti di vista che non augurerei nemmeno alla mia peggiore squadra nemica. La tifoseria, però, è sempre stata all’altezza, dall’inizio alla fine, a guardia della propria fede. Soprattutto vorrei sottolineare l’unità d’intenti che contraddistingue il tifo pisano.

Mi dici il momento più bello e quello più brutto da tifoso nerazzurro?

Quello più bello è quando fa gol il Pisa: una gioia interiore che solo chi ama la propria squadra può capire. Il momento più brutto… penso sempre al rigore sbagliato a Salerno da Rotella, buon’anima (è morto nel 2009, ndr), contro l’Acireale, nello spareggio per non retrocedere in Serie C. Io ero presente. In quel momento mi resi conto che l’era Anconetani era tramontata. Una mazzata forte per la nostra città, di cui tuttora, a distanza di anni, continuiamo a pagare le conseguenze.

Ricordi la tua prima partita all’Arena?

Dovevo compiere ancora sette anni, era nel giugno 1980, ultima giornata, Pisa-Sambenedettese. Finì 1-0 per noi con un gol di Aldo Cantarutti. E il Pisa si salvò. Era il primo anno dell’era Anconetani in Serie B. A fine partita mi ricordo una grande festa. Da quel giorno seguo il mio Pisa ovunque.

Con chi eri?

Con tutta la mia famiglia: mio nonno, mio fratello, il babbo e la mamma. La mia famiglia è sempre stata tifosissima del Pisa.

Qual è il giocatore che più ti è rimasto nel cuore?

Sembrerà scontato ma dico Klaus Berggreen, oggi icona della tifoseria con la sua famosa maglietta strappata contro la Juventus. Era davvero un fuoriclasse.

E la partita a cui sei rimasto più legato?

Sono tante le partite che porto dentro di me, ad iniziare da quelle che ci hanno portato in Serie A: Pisa-Reggiana (1981-82), Pisa-Arezzo (1984-85), Pisa-Parma (1989-90). Ma devo dire che Pisa-Monza (2006-07) ha un sapore particolare. La squadra era in simbiosi con la città. Ovviamente non escludo Pisa-Foggia, andata e ritorno, dell’anno scorso. La banda di Gattuso ci regalò una gioia immensa.

Calcio, pasione e tifo… diritti tv, tessera tifoso, daspo… diverse facce della stessa medaglia. Che ne pensi?

Lavoro in tv (50 Canale, ndr) – ride -. Ma per quanto il gioco valga la candela devo dire che il troppo calcio in televisione è stato un po’ la rovina del pallone. La tessera del tifoso ne è stata una conseguenza atroce. La tifoseria pisana da tempo lotta per i propri diritti e la propria libertà, e le va dato atto di questo, perché crede sinceramente nei propri valori. Purtroppo però finché le regole non cambieranno dovremo subire questa tessera se vogliamo seguire la nostra squadra del cuore in trasferta.

Cosa ti manca del calcio di quando eravamo bimbi noi? Esempio: si giocava tutte le partite alla domenica, alla stessa ora, il Totocalcio, il 90° minuto…

Mi manca l’odore dell’erba calpestata, l’odore degli spogliatoi con l’olio canforato. I giacchetti sparati per terra per fare le porte. Tutto questo mi manca e sono sicuro che manca anche a tanti bambini di oggi. Il calcio è diverso da un tempo, anche a livello di settore giovanile. I valori che c’erano prima non ci sono più e chi ne paga di più le conseguenze è la Nazionale, che ogni tanto fa delle figuracce balorde… Nel 1982 il Mondiale vinto era di tutti, il calcio era tuo, la schedina che si strappava a mano,l’attesa dei gol in tv… oggi li vediamo in tempo reale però ci manca tutta quella suspense che c’era prima. Durante la settimana dicevi: “Non vedo l’ora di arrivare a domenica”, per tutte queste bellissime emozioni che si vivevano. Ma anche perché scendeva in campo il nostro amato Pisa.

Hai mai detto (o pensato) “basta, ora non lo seguo più”?

Che io ricordi no. Ma ho avuto paura di perdere il mio Pisa per colpa di persone incompetenti che facevano di tutto per farlo sparire. I vari Pomponi, Petroni, Taverniti…

Che ricordo hai del 1994, il fallimento del Pisa Sporting Club di Romeo?

Ho pianto tanto per il mio Pisa e non me ne vergogno. Come ti ho detto prima ero a Salerno quel giorno… e con gli occhi lucidi vidi andar via dallo stadio Romeo con un mezzo malore addosso. Da lì capii che era finita. Un momento tragico-sportivo che ho vissuto da vicino.

E del secondo, quello sotto la gestione Pomponi?

Quello l’ho vissuto con più rabbia che delusione. Avevo già perso le speranze dopo l’esonero di Ventura… anche in quel caso un campionato alla nostra portata letteralmente buttato via. Giordano e Pomponi fecero danni ingenti, ma anche in quel caso la nostra tifoseria ha combattuto per il suo amore, riuscendo a rialzarsi in piedi.

Se uno straniero (o un bambino) ti chiedesse “chi era Romeo”, come glielo descriveresti in poche parole?

Era l’anima della nostra città, il vero sindaco di Pisa era lui. Il papà, il nonno che tutti i tifosi avrebbero voluto avere nella propria famiglia. Un presidente burbero, spesso controcorrente, che su una cosa proprio non transigeva: il Pisa doveva essere amato dai tifosi come lo amava lui. Persone così, sia sotto il profilo calcistico che umano, è difficile trovarle ancora. È grazie a lui che amo il calcio e amo visceralmente il Pisa.

Come ti sembra Giuseppe Corrado?

A livello affettivo noi tifosi lo possiamo solo ringraziare per quello che ha fatto per il Pisa. Sappiamo bene che non è facile tenere in piedi una società calcistica, ma con i suoi soci ci potrà riuscire bene. Hanno un approccio molto aziendale, caratteristica che altri presidenti passati da Pisa non avevano. Credo che questa cosa oggi sia una marcia in più. La squadra fatta per tornare nel calcio che conta ma soprattutto il progetto stadio… sono molto affezionato alla nostra Arena ma ha assolutamente bisogno di un restyling. L’avvento dei Corrado può essere definito una manna dal cielo per il Pisa ed io sono sicuro che faranno bene.

Un’ultima cosa: in cucina te la cavi?

Sì, direi che è una giusta espressione: me la cavo. Grazie a Letizia, la mia compagna, che mi ha fatto capire che in cucina non c’è solo da cucinare un uovo (risata).

Cosa sai fare bene?

Sono bravo a preparare la pasta al pesto.

E cosa ti piace mangiare?

Le lasagne sono il mio piatto preferito. Le adoro.

 

 

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